19.8.05


Pub, pub, pub


Dublino by night

8.8.05

Dublino: 4-5 Agosto

Dublino non è Parigi… (MDS)
“Se Parigi teniv 'u mare, iev 'na piccola Bari” questo è chiaro. Mi è meno evidente invece, quale sia l’ingrediente magico necessario per trasformare Dublino in una piccola Parigi. Il fiume c’è, le vestigia letterarie eccome (ad ogni passo rischi d’inciampare in qualche monumento a Joyce, Shaw, Wilde, etc. Tutti scrittori questi irlandesi), i “must” per turisti sono ragionevolmente presenti (al Book of Kells e alla “Long Room” non abbiamo resistito nemmeno noi. La piccola S. invece, nonostante le moine semi-professionali, ha dovuto rinunciare allo Splash Viking Tour, giro su mezzo anfibio con corna da vichingo del centro di Dublino. Est modus in rebus!), eppure siamo ancora lontani dal livello di glamour desiderato.
Ad essere onesti non mancano le cose interessanti. Certo, richiedono un po’ d’impegno. Un po’ di buona volontà, sapersele andare a cercare anche là dove non te le aspetteresti. Non so, l’istituto irlandese di cinema che batte il Quattro Fontane almeno 2 a 0, le “bellissime ciminiere” sul porto (le perversioni sono contagiose ed anche S. comincia ad avvistarle e fotografarle nel paesaggio), i pub pieni di musica fragorosa e le birre irlandesi, se si amano le birre irlandesi ovviamente (per il resto dell’umanità la Guinness rimane un’inspiegabile forma di auto-mortificazione del gusto. Per me è stata una prova d’iniziazione adolescenziale), la statua “ben dotata” della pescivendola più chiacchierata della città: Molly Malone, eroina di "cockles and mussels", ed infine i pittori d’Irlanda con menzione speciale.
Probabilmente il nostro disappunto è riconducibile esclusivamente ad un problema di aspettative. I nostri “animal spirits” ci hanno tratto in inganno. Questa è una nazione di paesaggi e panorami. Qui si viene per andare in campagna non in città. "Anybody can be good in the country; there are no temptations there" gongolava Oscar Wilde, a sentir lui bisognerebbe venire a Dublino solo per trovare un po’ di confortevoli tentazioni a Temple Bar. Non sono del tutto d’accordo ma mi adeguo…


Volando sulle scogliere


Stai fermo! Arriva l'oceano...


Ci piacciono i fari


Aran Posted by Picasa

Aran Islands: 3 Agosto

Tutto quello che avreste voluto sapere sui B&B (SP)
Bed and breakfast si dice in molti modi. In Irlanda almeno due. Il trifoglio e le famiglie col cuore. Ovvero: quasi tutti i B&B sono affiliati a due organizzazioni, che monitorano, vigilano, premiano, puniscono, serrano e disserrano le chiavi del paradiso: lo Shamrock e le Family Homes of Ireland (ah, poi c’è l’Organizzazione Suprema che segnala i migliori tra quelli del trifoglio, ma insomma non sono appunti per vanesi schizzinosi questi).
Fortuna audaces adiuvat. Un po’ è vero anche per gli ingenui e sprovveduti turisti fai da te, quanto meno è stato vero per noi. A caso (with a little help from the Guide) siamo capitati in un B&B completo di tutto ciò che un B&B deve contenere: vasca da bagno con paperette, servitore muto (che in Irlanda a quanto pare non è una rarità, il che la dice lunga sul grado di civiltà di un popolo…), colazione con muesli da mille e una notte e camerierina carina e timidissima (particolari graditi nell’ordine da me e da M.). Sempre grazie ad un suggerimento della medesima fonte avevamo avuto la buona sorte di capitare in un albergo, la cui colazione era stata decretata, a sentire il portiere, la migliore in vent’anni di carriera da un vecchio e rispettato Ispettore di Colazioni (che non suona poi tremenda come professione).
Ma ad un certo punto viene il momento di dire basta al dilettantismo. Non appena abbiamo capito che c’erano delle regole, delle classifiche, delle tracce da seguire (a guisa di segni esposti fuori dalle case) non abbiamo più potuto esimerci dal discendere nell’agone. O meglio, io l’ho fatto. Il povero M. se ne è fatta una ragione. Così fra grida di giubilo per gli avvistamenti, “il trifoglio!!”, i nostri pernottamenti sono proceduti per il meglio.
Unica eccezione in questo cammino di perfezione secchiona è stata la capitale. Ahi noi quanto ce ne siamo pentiti! A Dublino siamo tornati a seguire i consigli della nostra rozza guida, che magnificava colazioni “sostanziose” e ambiente intimo e accogliente, e ci siamo incaponiti nella ricerca di quello che si sarebbe rivelato un posto piuttosto squallido, con una colazione decisamente essenziale (“substantial” ??? Mai sottovalutare il rischio “false friend” quando comprate una guida in inglese), gestito da vecchie megere, che però M. è riuscito a ingraziarsi con i suoi modi da bravo nipote boy-scout, fino al punto da farci mettere a colazione addirittura ben tre fettine sottili sottili di vecchio ceddar…

Due o tre suggerimenti per i ciclo-turisti (MDS)
Coltivo dentro di me ormai da svariati anni l’ambizione di fare una vacanza da ciclo-turista. I racconti degli amici che negli anni si sono cimentati nei Paesi Bassi o sulle colline irlandesi mi hanno sempre attratto. La difficoltà di combinare compagnie adeguate, itinerari compatibili e forma fisica accettabile mi hanno fatto procrastinare di volta in volta il programma. D’altro canto penso che sia bello avere una pletora di progetti da realizzare: fare il cammino di Santiago, andare con la Transiberiana fino a Pechino, andare in cima al Kilimangiaro, etc., etc. mi da l’idea di una vita che ancora deve svolgersi. E’ una smania diversa da quella dell’esploratore vero e proprio. Non è l’ansia che ti porta al limite delle tue possibilità pur di raggiungere l’obiettivo, è puro piacere di fantasticare eventi la cui non realizzazione si possa benissimo sopportare. Insomma mi fa sentire giovane e poi progettare è attività essenziale per un pianificatore stratega INTJ.
Anche nel caso di questo viaggio irlandese l’idea di fare il giro in bici era stata scartata abbastanza rapidamente, troppi km, troppo peso, troppa pioggia, troppo poco allenamento. Però non volevo proprio mollare del tutto il progetto. Girare a pedali sulle isole Aran (20 km di lunghezza per la principale) era un’ottima soluzione di compromesso, fra l’altro, suggerita da amici che avevano già fatto l’esperienza. L’esperimento è riuscito benissimo nonostante il clima alquanto “breezy”; ne ricavo solo alcune considerazioni che offro manzonianamente in guisa di “sugo” della storia:

  1. Diffidate dalle bici affittate magari anche a caro prezzo ma con una cauzione bassa bassa. In questi casi l’economia non è un opinione e le 18 marce che vi hanno attratto si riveleranno essere funzionanti in non più di tre casi.
  2. Un “lieve saliscendi” è un espressione coniata da qualche sadico o da qualche intellettuale pantofolaio che è andato in bici cosi come Salgari in Malesia e Tolkien nel Regno di Mezzo.
  3. “Il vero giardiniere non si arrende”, ma anche un vero ciclo-turista non deve farlo. Se vi capita di andare alle isole Aran arrivate fino in fondo. L’ultimo chilometro vi ripagherà di tutte le fatiche.


Cartoline da WestPort


Golf in the North Posted by Picasa


Giant's Causeways


A che servono i Caraibi? Posted by Picasa


Cartoline da Westport (bis) Posted by Picasa


Verticalità

Westport-Galway: 2 Agosto

Adventures in photography (SP)

“Scusi, mi fa una foto?”
Sembrerebbe una richiesta semplice, no?
No. La gente va in crisi. Se si tratta di una donna, se appena appena non ha avuto la fase femminista da adolescente, o se non nasconde una Nikon fica nella borsa, passa la patata bollente al marito. O peggio, inizia a schermirsi, dice che non è tanto capace, ma poi ci prova, con i sensi di inadeguatezza che la divorano e il senso di responsabilità che la schiaccia. Sorridendo nervosamente chiede dove si preme. E lo fa con l’aria timidamente riluttante della vergine alla sua prima volta. Il risultato in genere soddisfa più me che M.: le donne tipicamente sono attente alle persone, più che agli sfondi. Cosa che io trovo assolutamente sensata. Per gli sfondi ci sono le cartoline. Mi abbraccio il mio fidanzato e sorrido, e poco importa se non si capisce se siamo su una scogliera irlandese o su una spiaggia tropicale.
Se si tratta di un uomo, invece, non ha scampo. Non si può rifiutare, né può ignominiosamente rivolgersi alla consorte. Dunque tira in dentro la pancia, afferra virilmente la macchina, chiude gli occhi e scatta più velocemente che può.
Rapido e indolore. In fondo anche per noi, che manco la riguardiamo, ringraziamo e ci allontaniamo, cercando un altro malcapitato a cui chiedere il bis. Magari stavolta con una macchinetta purchessia in mano, una digitale vinta coi punti, una kodak usa e getta.
Ma i peggiori sono quelli che fanno i performativi e alla fine ansiosamente chiedono “va bene?”. E dunque ci tocca guardare lo scatto, sorridenti decretare “perfetta!” e silenziosamente maledirci per la codardia. A quel punto non possiamo neanche cercare qualcun altro, per non ferire i sentimenti del volenteroso di turno. Ci terremo le nostre foto sghembe. E i nostri sorrisi pieni.

Connemara (MDS)
Secondo Sergio Ricossa nel suo divertente “maledetti economisti: le idiozie di una scienza inesistente”, un giovane attento alla carriera dovrebbe sempre evitare di citare autori famosi e preferire quelli minoritari, oscuri e sconosciuti. Se fossi un po’ più furbo applicherei questo principio anche alla scelta dei temi per i miei racconti di viaggio. Invece mi lascio tentare e provo ad attirare le critiche del quale fu oggetto in passato anche uno dei miei intellettuali di riferimento: Massimo Catalano.
Se c’è una parte dell’Irlanda che vale la pena di visitare questa è sicuramente il Connemara con le sue vallate glaciali desolate e silenti, con le sue “montagne” (i padri fondatori del CAI mi perdonino per l’azzardo di chiamare in questo modo rilievi da mille metri d’altezza…), con le sue spiagge allo stesso tempo oceaniche e mediterranee (confesso che quest’ultimo aggettivo e di S. A dire il vero ero un po’ renitente a riportarlo perché è scaturito dalla visione di alcuni oggetti bianchi sulla costa. A dir suo sembravano abitazioni greche ma nella prosaica realtà si trattava semplicemente di un parcheggio per roulotte….), con la sua SPA che offre anche interessanti opportunità per la pesca al salmone a Delfi, etc, etc. Di certo anche al nord ci sono cose belle da vedere: Giant's Causeway, il Rope Bridge, le scogliere della Slieve League ma il meglio è concentrato qui. Mi spingo fino al comparativismo più becero (horribile dictu): questi sono gli unici panorami irlandesi che possano in qualche modo tollerare il confronto con i fiordi norvegesi.
Non posso esimermi poi dallo spendere anche qualche parola d’encomio per WestPort e Clifden. Pur essendo un po’ turistiche (a Clifden c’è persino un Internet Point con macchine Linux che costa manco fosse a MonteCarlo e con il proprietario che se la tira nemmeno fosse lui stesso Linus Torvalds) sono colorate, allegre e piacevoli.
Delle Isole Aran non dico e rimando ai miei suggerimenti per ciclo turisti.


Rainy days


Hopper, ma chi sei?

Donegal-Westport: 1 Agosto

“lovely day”. Alcune considerazioni sul tempo in Irlanda (MDS)
Parlare del tempo è un’attività tipicamente British. Essere affetti dalla più clamorosa dissonanza cognitiva immaginabile riguardo al meteo pare sia invece un caratteristica precipua dell’Irish.
Secondo Fiorella Mannoia “Il cielo d’Irlanda si muove con te”. Secondo me, abusa pesantemente di cartoline nel tempo libero.
Per carità, io adoro il tempo grigio, la temperatura a quindici gradi anche ad agosto, e poi penso fra me e me che qui fino a 15.000 anni fa era un ghiacciaio gigantesco e che senza corrente del Golfo la “verde Irlanda” sarebbe solo un modo di dire, però a tutto c’è un limite… Visitando la biblioteca del Trinity College, in preparazione al Book of Kells leggo su un pannello che grazie al netto miglioramento del clima del VI secolo le condizioni di vita in Irlanda sono drasticamente migliorate. Insomma qui ci credono proprio.
Andando in giro non troverai mai qualcuno disposto ad ammettere che il temporale quotidiano non sia una rarità. “Strano, piove!” questa è la loro reazione standard. Piove 250 giorni all’anno ma loro si raccontano il ricordo di giornate di sole nelle settimane precedenti e l’attesa per le settimane di sole in quelle successive. Ancora una volta l’animo umano ha bisogno di sogni. A voler fare l’eziologo ad oltranza potrei ricordare che nel 1840 la popolazione è stata decimata dalla crisi della patata innescata da un brusco peggioramento del clima, ma per una volta sorvolo sull’armamentario da complessologo quasi ex-complessato quindi niente non-linearità, effetto ali di farfalla, vulcani in eruzione e bio-diversità.
Molto meglio la concretezza dell’autore di “The rainy day guide to Ireland”.
Molto meglio essere pronti alla variabilità che ti consente in una giornata di vedere i climi che in Italia vedresti in una stagione intera.
Molto meglio la luce nordica che alla sera e al mattino immerge la realtà in un'atmosfera tersa e struggente, da quadro di Hopper.


Cucina malese (dell'arte di sopravvivere)


Hippy familiare Posted by Picasa

Ballycastle-Donegal: 31 Luglio

Perchè la cucina irlandese non è famosa nel mondo (SP)
Un pregiudizio che sfortunatamente è stato confermato, e anzi, rafforzato, è quello gastronomico. Noi ci aspettavamo poca varietà e raffinatezza nei piatti, ma speravamo nella prelibatezza della semplicità e autenticità, nel piatto del pionere (vista la diffusione di cappelli da cowboy), nella casseruola di carne sugosa, proveniente dagli equini e bovini che sono i veri padroni dell’Irlanda e che ti guardano ovunque con i loro occhi umidi e mansueti. Dunque quando abbiamo ordinato Irish stew, il tipico piatto irlandese, e patate novelle al formaggio, ci leccavamo i baffi (M.) e i baffetti (io).
Mi arriva un piatto chiaramente riscaldato al micro-onde per circa venti minuti, con le incrostazioni di formaggio sciolto sul piatto che secondo me attendono tuttora di essere scrostate. Le patatine sono effettivamente novelle ma è difficile intravederle sotto lo strato di ceddar e… ketchup (orrore!!) che le ricopre. Guardo M. e dico: “vabbè, ma qui posso pure mangiare la carne, tanto non ci sono allevamenti intensivi e le mucche pascolano allegre per i prati”.
Poi arriva il suo stew. Io mi aspettavo lo spezzatino che mio padre faceva nella pentola a pressione quando eravamo piccoli: col sughetto che impregnava le patate un po’ sfatte, con cui poi facevamo la scarpetta fino a rendere pentola e piatti lucidissimi.
Questo è costituito da pezzi di carne pallida galleggianti in un brodo che riesce ad essere insieme grasso e acquoso. Ci guardiamo perplessi. M. assaggia e il suo sguardo è eloquente. La nostra guida, seppur rozza, ci aveva avvisato. Non ci siamo fidati. Grosso errore.
Ma in fondo chi l’ha detto che bisogna mangiare la cucina tipica…

La famiglia è la famiglia (MDS)
Come S. ha avuto modo di verificare direttamente su una spiaggia atlantica vicino Clifden, non solo questi irlandesi sono estrosi e simpatici ma sono anche dei leader del business familiare. D’altronde cosa altro ci si poteva aspettare dalla nazione più giovane dell’Unione Europea? Qui tutti si sposano, fanno figli, si godono i figli dei figli…. Gli sconti famiglia nei musei prevedono un nucleo tipo composto da papà, mamma + 4 figli (sì proprio“quattro!!!”). E’ vero che in India mi ha tanto colpito la pubblicità dei cellulari con tariffa familiare (l’equivalente dello “You and Me” italico veniva pubblicizzato da una foto con una quarantina di individui legati nelle maniere più varie “riscopri il piacere di parlare tutti i giorni con la zia…”) ma quello è un altro paese, insomma qui siamo a due passi da casa, se non fosse per l’accento questi potrebbero anche spacciarsi per madrelingua inglese. Invece no. Invece la famiglia qui è una cosa seria, mica come da noi nell’infeconda penisola italica.Qui ti capita di dover arginare una mamma irlandese che nel pieno del fervore per i suoi studi d’italiano ti chiede se può chiamare “bocciola mea” il suo frugoletto. Qui i mariti in viaggio di nozze rischiano di dover costruire un intero palazzo “in the middle of no-where” se la consorte esprime una qualche forma di apprezzamento per il luogo come si narra sia accaduto per l’odierna abbazia di Kylemore in Connemara. Qui puoi mangiare un Donut accanto ad una buffa famigliola con papà e mamma che sono nostri coetanei e sfoggiano un look a metà strada fra l’hippy ed il pariolino oltre a ben due pargoli. Bisogna capirli: devono cominciare presto se vogliono mantenersi all’altezza della media nazionale. In fondo l’origine di tutti questi B&B che tappezzano l’isola sta proprio in questi giovani cosi ansiosi di prolificare. Ma non vi anticipo nulla di più. Rimando a sedi più opportune.


Donne d'Irlanda


Guidando contromano

Belfast-Ballycastle: 30 Luglio

Infarto contromano (MDS)
Consiglio numero uno per tutti coloro che intendano fare un viaggio in Irlanda. La macchina è un bene di prima necessità. Qui se non hai un bel volante da stringere fra le mani è davvero impossibile godersi alcunché. Ergo gli autonoleggi (peraltro relativamente a buon mercato) fanno affari d’oro. Implicazione per i viaggiatori: se volete evitare un’annosa ricerca dell’auto a noleggio, prenotate prima di partire. Se non siete stati accorti o se non avete letto queste righe prima di mettervi in viaggio, in quest’ultimo caso inutile nascondere che un po’ ve la siete andati a cercare.
In assenza di un Omero in grado di cantarle così come gli sforzi di Ulisse per tornare a casa, un velo d’oblio cada sulle lunghe tribolazioni. Alla fine riusciamo a trovare un’Almera disponibile al City Airport. L’autista del bus link sul quale saliamo per andare a prenderne possesso ci insegna due grandi verità: 1) tutti gli irlandesi sono simpatici (ma non un po’ simpatici, non di facciata come gli americani, non invadenti come i simpaticoni che affollano il Mezzogiorno d’Italia, no sono proprio geneticamente dei simpatici da competizione 2) Se a Belfast non avessero fatto una mezza guerra civile sarebbe difficile riuscire a trovare qualcosa di notevole da citare. Ci consiglia di ingannare l’attesa in un mercatino poco distante dall’aeroporto: “A very good market” afferma sicuro e rassicurante. Guidare a sinistra avrà anche una bella origine storica (i cavalieri, le lance, i tornei e via discorrendo) ma vi assicuro che è proprio un bel incubo. Altro che la guida con il cambio automatico che ti becchi in America… a quella ti abitui in un battibaleno… In questo caso per giorni continui a salire dal lato del passeggero, agli incroci non hai la minima idea di che parte guardare, non riesci a fermare il batticuore ogni volte che vedi arrivare una macchina “contromano”, non riesci a fare una marcia indietro senza voltarti dal lato sbagliato e schiacciare il viso contro il finestrino et similaria. Ma la cosa peggiore è quando credi di esserti abituato. Quando cominci a sentirti più sicuro. Senza scampo, inesorabile arriva l’automatismo a fregarti e lì si vede se hai ancora delle buone coronarie o meno. Uomo avvisato….

Donne d'Irlanda (SP)
In generale, i nostri pregiudizi sugli irlandesi sono stati confermati dall’impatto con la realtà, dimostrando che il pre-giudizio, a differenza del suo quasi omonimo francese, il clichè, può essere veramente la mera anticamera di un giudizio propriamente detto, come afferma, tra gli altri, Hans Georg Gadamer (ecché, solo MDS può sfoggiare le sue competenze da complessologo complessato cognitivamente dissonante?!).
Sono brutti, gioviali, totalmente incomprensibili nel linguaggio (parlato!) ma pronti a ripetere all’infinito e ad accompagnarti cortesemente in qualsiasi luogo tu stia cercando. Sono pochi e dispersi nelle campagne. Sono cattolicissimi, ma con meno ostentazione dei polacchi.
Qual è allora il problema dei pregiudizi? A parte l’errore, di cui NON ci siamo macchiati, di non controllarne la verità? Il problema è che si è tentati di trarne deduzioni. E di farlo tramite premesse inverificate, come ad esempio: “in un paese molto cattolico, dove ad esempio l’interruzione volontaria di gravidanza è illegale, le donne sono sottomesse”. L’Irlanda è un paese molto cattolico, dove l’aborto era illegale fino all’anno scorso. Traetene voi la logica conseguenza dell’apparentemente valido sillogismo…
E invece no!! Piano piano, in modo sottile e discreto, emerge dai nostri incontri con gli autoctoni una realtà diversa. Nei pub e nei locali, gli avventori formano gruppi molto più compositi e vari che in Italia: vecchietti, trii di genere misto, gruppi numerosi, insomma non solo le solite coppie e gli adolescenti in squadre. Ma soprattutto tante amiche, tante donne sole di tutte le età. Nei ristoranti, il cameriere si rivolge sempre alla donna, il che all’inizio ci fa pensare alla semplice stretta osservanza di un galateo da noi ormai demodè. Ma se M. fa una domanda, il cameriere addirittura risponde a me (negli USA mediamente succede il contrario, il che è piuttosto fastidioso…) e se chiediamo indicazioni per strada agli autisti di pullman, categoria che dovrebbe rientrare fra le più scettiche sulla mia capacità di comprendere o anche solo memorizzare frasi complicate e dense di “destra” e “sinistra”, sbalorditi vediamo gli sguardi e i gesti rivolgersi nella mia direzione.
Nei B&B il fenomeno emerge nella sua manifestazione più esemplare. Sono le donne a gestire tutto, a ricevere le prenotazioni, mostrare le camere, servire la colazione, prendere i soldi. Gli uomini vengono citati, intravisti dal riquadro di una porta o in una foto di famiglia, utilizzati nei casi estremi in cui serva una mano “forte”. Ma nient’altro. E si assume che dall’altra parte, cioè la nostra, sia la donna ad assumersi l’onere onorevole della conversazione e delle richieste. Il caso più eclatante è stato quello in cui l’ansiosa signora del B&B di Galway voleva convincerci a partire alla volta del traghetto per le isole Aran circa un’ora prima di quella preventivata da noi, o meglio, dal meno ansioso della coppia.
Dopo varie contrattazioni tra M. e la signora in stile Paperon de’ Paperoni (Allora colazione alle otto? No, grazie, alle nove va bene. Ah, allora verso le otto e un quarto? Va bene, facciamo alle nove meno un quarto), M. pensava di aver piegato l’ostinazione della benevola impicciona.
Poi bussano alla porta. “S?” M. apre. “My husband (!) told me that it takes 50 minutes to get there. S., what do you think?!”. Io mi affaccio dalla porta del bagno e guardo trionfante M.
Assaporo l’istante e contemplo la possibilità buttar lì un “half past eight, thank you”. Ma non voglio infierire e lo lascio esterrefatto a proseguire le trattative.


Low cost è bello!

Roma-Belfast: 29 Luglio 2005

“Mica sto a pettina’ le bbambole” (MDS)
Gente dura questi baristi di frontiera. Gente avvezza ad affrontare decine di mani protese che fra mugugni inintelligibili chiedono, pretendono ed ansimano per chissà quale bene di conforto. Soli fra le torme di barbari anglofoni che le compagnie low-cost riversano ogni giorno a Ciampino, non possiamo non ammirare la sorniona imperturbabilità di questi discendenti del miles romano. Non si scompongono, non sudano, non si agitano. Con il loro sorrisetto ti servono efficienti e strafottenti. Uno contro centro braccia. Altro che i movimenti preordinati studiati a tavolino da qualche esperto di lean manufacturing. Loro lavorano sul serio non stanno “a pettina’ le bambole”. Non posso fare a meno di trattenere un vago orgoglio nazionale.
In definitiva, comunque, queste low cost non sono per niente male. A parte questo tentativo subdolo di rilanciare le invasioni barbariche (altro che le crociate, questo è il vero revival dei nostri giorni), possiamo esprimere un giudizio positivo. Si possono permettere persino piloti che si sentono spiritosi: “Welcome in the sunny Belfast” ci saluta il comandante fra i nuvoloni a 15 gradi. Per me è il clima perfetto.
L’aeroporto di Belfast conferma le mie ipotesi sull’emergere del neo-tribalismo. Gli irlandesi hanno un che di selvaggio: donne in rosa (ma non era di moda un po’ di anni fa?), treccine a profusione per non menzionare i cappelli da cow-boy, etc. etc.
Certo, se per S. la differenza tra Irlanda ed Islanda non consistesse solo in una lettera dell’alfabeto tutto sarebbe più facile, ma non si può pretendere troppo da una neo-svampita, e poi in fondo i geyser mi piacciono La guida dell’Islanda l’useremo in futuro. Ritirati i bagagli non ci resta che affrontare l’ottusità dei commessi aeroportuali. Dobbiamo solo riuscire a far capire che quando chiediamo “The rough guide of Ireland” non vogliamo una guida rozza di questo paese. Muniti di tutto il necessario siamo finalmente pronti. L’avventura irlandese può cominciare.

Swinging Belfast: Vintage forever (SP)
Effettivamente Belfast avremmo anche potuto saltarla, se qui non ci fosse l’aeroporto furbescamente scelto da Easy Jet. Ma dal momento che ci siamo, ci mettiamo d’impegno a fare i turisti come si deve. In cinque minuti padroneggiamo la topografia cittadina. O meglio, M. lo fa: io lo seguo docilmente ricordando a me stessa la storia dei due emisferi cerebrali differenti in uomini e donne e rammentandomi della mia incredibile intelligenza emotiva, in modo tale da non sentirmi la solita svampita priva di senso dell’orientamento.
Grazie all’unione delle nostre differenti ma altrettanto valevoli capacità, troviamo ben presto il posto cool della (altrimenti non esaltante) cittadina: il negozio di vintage!!!
In Irlanda la nostalgia degli anni Sessanta è quasi una professione. Al posto dei residuati sessantottini cinquantenni con la panza che si trovano mediamente nei negozi intorno a piazza Navona, qui troviamo graziose fanciulle in bluse a fiori e baldi giovanotti fasciati in pantaloni a zampa d’elefante, emuli senza pudore dei figli dei fiori (e molti altri ne vedremo in giro per la nazione, dentro e fuori i negozi dell’usato e perfino con numerosa prole).
Al posto di Rino Gaetano, il classico Sgt. Pepper. Almeno l’odore, però, è quello familiare di polvere e stoffa, che è la naturale conseguenza di case, water, sellini di bicicletta e persino traghetti tappezzati di moquette!!! (Oh, la maledizione di essere anglossassoni!)
Mi getto su deliziosi, oserei dire “lovely”, vestitini in pizzo e perline anni ’50 e ’60. Ahimé, l’irlandese media sembra essere o irrimediabilmente più alta e robusta oppure, peggio, in caso di statura analoga, di proporzioni che ai nostri parametri mediterranei sembrano mostruose: qualcosa come 80-80-80… Un dolmen.
Come constateremo a Dublino, non va meglio con gli uomini: i giacconi di pelle provati da M. calzeranno a malapena sulle spalle, mai sulle maniche e sulle gambe. Segno di uomini gracili e abbastanza più bassi dell’italiano medio, che certo non è famoso per l’altezza.
Peccato: altrimenti la società romana avrebbe avuto il piacere, forse un po’ traumatico, dell’ex-consulente in versione Capitan Harlock.