4.6.05


Trieste Felix Posted by Hello


Ho presto gusto ai tramonti... Posted by Hello


Tramonto Posted by Hello


W gli sposi!!! Posted by Hello

"Non è bene che l'uomo sia solo" Trieste 2-3 Giugno 2005

Buffo, non avevo mai realizzato che usualmente le città portuali sono sul mare. Appena sveglio tiro su lo scuro dello sferragliante vagone letto. Mare e costa giuliana, sole, vegetazione profumata. Le FS offrono grandi panorami ai loro viaggiatori, c’è poco da aggiungere in proposito. Un déja vu , ma questa non è la costa fra Messina e Catania, non sto tornando a casa. Certo però che somiglia tanto, tantissimo, mi piace da morire, ugualmente.
Ho scelto di andare a Trieste in treno per pura comodità (ma possibile che l’Alitalia non abbia voli piazzati in maniera decente la mattina fra Roma e Trieste?), mi ritrovo immerso in una gigantesca madeleine che coinvolge a tutto campo tutti i sensi (ho rinunciato da tempo a contare quanti essi siano). Riaffiora perché mio padre amava tanto questi vagoni di formica cosi anni settanta, il cappuccino del mattino, il giornale, il lavabo a scomparsa che da bambino mi meravigliava ogni volta, la scaletta e poi lo sferragliare, sì, il dondolante sferragliare dei vagoni che corrono la notte.
Sembra una vita fa eppure prima del 1999 usavo il vagone letto spessissimo, due-tre volte al mese: Roma-Catania-Roma, Torino-Roma-Torino, altro che Fiumicino. Era Termini il centro della mia logistica vitale (a ben pensarci ma perché non sono mai riuscito a star fermo?). Comunque qui è tutta un’altra cosa. La fauna degli appassionati del vagone letto mi è molto più simpatica delle ‘giacche grigie’ di Fiumicino. Me lo devo ricordare.
Il Signore Dio disse, “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gen. 2,18). Sembra proprio che quest’anno si siano tutti decisi a prendere in parola il testo biblico. Probabilmente sarà che si è fatta una certa ma da qualche mese a questa parte si è scatenato un putiferio. Si sposano tutti. E’ una vera e propria mania, un fenomeno sociale, una moda. Prima nessuno, poi qualcuno sporadico, “hai sentito si sposa tizio…”, da quest’inverno non passa settimana che non scopri che qualcuno ha deciso di prendere la medesima via. Mi sembra di essere finito dentro “I Rinoceronti”, ma in una giornata di sole come queste la smetto di fare il disfattista. Arrivo in stazione alle otto: pulitissima, perfetta, ordinata, il contrasto con Tiburtina è alquanto impressionante (non sono uno che si spaventa facilmente, ma devo dire che gli slavi ubriachi mi fanno ancora una certa impressione).
“Benvenuti nell’impero austro-ungarico”. Il cartello non c’è, ma non sembrerebbe essercene troppo bisogno. E’ auto-evidente.
Il mio amico V., quello che ha deciso di convolare a nozze, ha prenotato per gli amici che vengono da fuori un albergo sul lungomare. Un grande albergo d’inizio secolo dalla facciata bianca e dall’aspetto che sembra dire “sono un pezzo dell’Austria Felix in disfacimento, il circolo di Vienna è stato qui. Si, tutti quei capoccioni che hanno cambiato il corso della storia dell’uomo venivano qui a fare i bagni, a commerciare, a conversare nei caffè, mica erano gente da mediterraneo meridionale quelli…. Quelli erano la grande Austria! Ora certo la vita 'l’è dura' però se solo mi guardo indietro e ricordo il mio passato non posso non concedermi una lacrimuccia nostalgica e fiera…”
La cerimonia si svolge a Murgia in una bellissima chiesetta romanica con vista mozzafiato sul golfo di Trieste. V. è felicissimo, la futura moglie F. radiosa ed elegante, proprio come la mia fantasia fantastica sulla sposa nel giorno del suo matrimonio.
Il sacerdote è il vecchio prof. di filosofia di V. Un tipo simpatico dall’accento un po’ marziale “Io sono la vite” intona proclamando il Vangelo con stile da dichiarazione di guerra “voi i tralci!”, la moglie di un amico nostalgico deve bloccare il braccio al marito che sta per alzarsi in un imbarazzante saluto romano. In effetti la cadenza è proprio quella. Doveva proprio essere contento l’anziano sacerdote, la sposa ha messo in campo ben dodici cuginetti che hanno fatto tutti diligentemente la comunione per gli sposi (a dire il vero mi sono unito anche io a quella schiera), a fine cerimonia commentando soddisfatto prima di congedarci ha concluso: “E’ stato proprio un matrimonio corazzato”. L’apoteosi! Non è stato facile contenere lo spirito militaresco del nostro amico E., si sentiva pronto a prendere la Slovenia ad un solo cenno di assenso.
Banchetto nuziale nel giardino di casa della sposa. Bello. Mi piace proprio l’idea di fare la propria festa nuziale in un ambiente familiare. E’ bello che un ricordo cosi si sovrapponga e si saldi ai momenti quotidiani e straordinari di tutta la vita. Ai tavoli c’è una bella atmosfera. Si conoscono tutti da una vita. Se chiedi sei amico dello sposo o della sposa ti rispondono invariabilmente “dello sposo, ma anche la sposa la conosco da quando andava pazza per Simon Le Bon” oppure “della sposa ma con lo sposo abbiamo esultato assieme dopo la magica notte del Santiago Bernabeu”.
Se ti vuoi bene la vita in una città piccola ha i suoi pregi. Qui sembrano volersi bene. Non potete immaginare l’allegria dello sposo, che commista ad una robusta dose d’alcool lo portava ad esclamare alle otto di sera “ma come già andate via!?!!? Massimo, rimani qui che poi ti riportiamo noi in albergo…..”. Sono esausto amico mio. Io mi commuovo sempre ai matrimoni, in più le tue settecento portate e gli ottimi bianchi del Friuli mi hanno sfiancato. Vi voglio bene, ma concedimi di andare a riposare.
La mattina seguente mi sveglio con vista sul golfo. “Trieste ha una scontrosa grazia. Se piace è come un ragazzaccio aspro e vorace con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore”. Sono proprio curioso di capire dal vero queste parole dell’amato Saba. che sembrano descrivere una specie di Clint Eastwood.
Ineludibile giro del centro storico. Molto bello. Strade eleganti e piene di vita strette fra il verde e l’azzurro. Sempre per dirla con Saba “Avevo una città bella fra i monti rocciosi ed il mare luminoso”. Mi ricorda molte altre città di mare: Bergen per i colori della natura, Copenhagen per l’eleganza delle vie (anche se qui tutto è più vitale), Genova per le gru del porto immense sullo sfondo. Ti rendi proprio conto che è un mix ideale di ordine austriaco temperato di vitalità italiana. Capisco perché ieri V. ci diceva “se trovo un lavoro in città, io un aeroporto non lo rivedo mai più per tutta la vita”. Mi sembra un ottimo posto nel quale decidere di fare vita stanziale e abbandonare il nomadismo manageriale. D’altronde questa terra deve essere accogliente, lo deduco leggendo su una triste lapide degli esuli istriani del novembre del 1964 “qui ricominciò la vita/ rifiorì la speranza/ con te rimanemmo gli occhi fiss/i laggiù ove riluce il profilo amato dell’Istria madre”.
Per stradine a perdifiato arriviamo in vetta fino alla cattedrale di S. Giusto, molto bella. Mi colpisce un lampadario donato da Massimiliano d’Asburgo. Doveva adornare la sua sala del trono a Città del Messico. Mi ero completamente dimenticato di quell’episodio storico. Nel pomeriggio visitando il bellissimo castello di Miramare non potevo fare a meno di pensare quanto si potrebbe imparare dalla storia. Napoleone III credeva di avere soggiogato il Messico, e deve averci creduto anche il povero Massimiliano se ha deciso di preferire la corona imperiale del Messico alla vita da fratello di Franz Josef. Peccato perché i messicani non sono stati cosi clementi con lui è l’hanno fucilato. Peccato perché la vita a Miramare non doveva essere malaccio: lo studio di Massimiliano ricostruito sullo stile della sua cabina sulla Novara, l’ammiraglia della flotta austriaca, era davvero molto bello. Peccato perché la sala del trono con la vista del mare su tre lati mette una certa gioia a dispetto dell’imponenza trombona dei damascati. Viene da chiedersi se la storia del mondo non sarebbe stata migliore dotando i potenti del mondo di ambienti simili nei quali prendere decisioni. Peccato per la povera Carlotta, la moglie belga dell’imperatore, che a seguito degli eventi perse il senno e trascorse cinquantanni di follia fino alla morte.
Dopo aver ringraziato ancora V. e F. per avermi reso partecipe della loro gioia, non mi resta che congedarmi con le parole della solenne benedizione dello sposo e della sposa:“Ti lodino, Signore, nella gioia, ti cerchino nella sofferenza; godano del tuo sostegno nella fatica e del tuo conforto nella necessità; ti preghino nella santa assemblea, e siano tuoi testimoni nel mondo. Vivano a lungo nella prosperità e nella pace, e con tutti gli amici che ora li circondano giungano alla felicità del tuo regno”