8.8.05

Westport-Galway: 2 Agosto

Adventures in photography (SP)

“Scusi, mi fa una foto?”
Sembrerebbe una richiesta semplice, no?
No. La gente va in crisi. Se si tratta di una donna, se appena appena non ha avuto la fase femminista da adolescente, o se non nasconde una Nikon fica nella borsa, passa la patata bollente al marito. O peggio, inizia a schermirsi, dice che non è tanto capace, ma poi ci prova, con i sensi di inadeguatezza che la divorano e il senso di responsabilità che la schiaccia. Sorridendo nervosamente chiede dove si preme. E lo fa con l’aria timidamente riluttante della vergine alla sua prima volta. Il risultato in genere soddisfa più me che M.: le donne tipicamente sono attente alle persone, più che agli sfondi. Cosa che io trovo assolutamente sensata. Per gli sfondi ci sono le cartoline. Mi abbraccio il mio fidanzato e sorrido, e poco importa se non si capisce se siamo su una scogliera irlandese o su una spiaggia tropicale.
Se si tratta di un uomo, invece, non ha scampo. Non si può rifiutare, né può ignominiosamente rivolgersi alla consorte. Dunque tira in dentro la pancia, afferra virilmente la macchina, chiude gli occhi e scatta più velocemente che può.
Rapido e indolore. In fondo anche per noi, che manco la riguardiamo, ringraziamo e ci allontaniamo, cercando un altro malcapitato a cui chiedere il bis. Magari stavolta con una macchinetta purchessia in mano, una digitale vinta coi punti, una kodak usa e getta.
Ma i peggiori sono quelli che fanno i performativi e alla fine ansiosamente chiedono “va bene?”. E dunque ci tocca guardare lo scatto, sorridenti decretare “perfetta!” e silenziosamente maledirci per la codardia. A quel punto non possiamo neanche cercare qualcun altro, per non ferire i sentimenti del volenteroso di turno. Ci terremo le nostre foto sghembe. E i nostri sorrisi pieni.

Connemara (MDS)
Secondo Sergio Ricossa nel suo divertente “maledetti economisti: le idiozie di una scienza inesistente”, un giovane attento alla carriera dovrebbe sempre evitare di citare autori famosi e preferire quelli minoritari, oscuri e sconosciuti. Se fossi un po’ più furbo applicherei questo principio anche alla scelta dei temi per i miei racconti di viaggio. Invece mi lascio tentare e provo ad attirare le critiche del quale fu oggetto in passato anche uno dei miei intellettuali di riferimento: Massimo Catalano.
Se c’è una parte dell’Irlanda che vale la pena di visitare questa è sicuramente il Connemara con le sue vallate glaciali desolate e silenti, con le sue “montagne” (i padri fondatori del CAI mi perdonino per l’azzardo di chiamare in questo modo rilievi da mille metri d’altezza…), con le sue spiagge allo stesso tempo oceaniche e mediterranee (confesso che quest’ultimo aggettivo e di S. A dire il vero ero un po’ renitente a riportarlo perché è scaturito dalla visione di alcuni oggetti bianchi sulla costa. A dir suo sembravano abitazioni greche ma nella prosaica realtà si trattava semplicemente di un parcheggio per roulotte….), con la sua SPA che offre anche interessanti opportunità per la pesca al salmone a Delfi, etc, etc. Di certo anche al nord ci sono cose belle da vedere: Giant's Causeway, il Rope Bridge, le scogliere della Slieve League ma il meglio è concentrato qui. Mi spingo fino al comparativismo più becero (horribile dictu): questi sono gli unici panorami irlandesi che possano in qualche modo tollerare il confronto con i fiordi norvegesi.
Non posso esimermi poi dallo spendere anche qualche parola d’encomio per WestPort e Clifden. Pur essendo un po’ turistiche (a Clifden c’è persino un Internet Point con macchine Linux che costa manco fosse a MonteCarlo e con il proprietario che se la tira nemmeno fosse lui stesso Linus Torvalds) sono colorate, allegre e piacevoli.
Delle Isole Aran non dico e rimando ai miei suggerimenti per ciclo turisti.