13.12.04


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9.12.04

Halden-Oslo 19/VIII/2003

La colazione non mantiene assolutamente le aspettative che la guida aveva contribuito a creare. Il buffet era costellato di strane scatole di patè non ben definiti. Inizialmente avevo inscenato la parte dell'eroe, ma al momento del dunque, dimostrando ancora una volta la differenza fra idea e azione, alla vista di quelle confezioni allucinanti non me la sono sentita e ho ripiegato sul classico pane e burro.
Battesimo del fuoco alla guida: i 100 all'ora norvegesi standard nel breve tratto che ci separa da Oslo.
La nostra prima metà è il Munch Museet, in quello che la guida considera uno dei quartieri più pericolosi della città. Dopo attenta ispezione un'interrogativo: "Ma questi che quartieri hanno visto nella vita?" A me sembra di stare in Svizzera. D'altronde chi dice come è triste Venezia dovrebbe passare un fine settimana a Gela....
Il museo si trova in un parco, in un edificio costruito negli anni sessanta appositamente per ospitare la collezione, lascito del pittore alla cittadinanza (tutto sommato una cosa diffusa qui in Scandinavia).
Nonostante la pioggerella battente che ci accompagna dalla mattina e la luce grigetta, la visione dell'estremo ordine e dell'efficienza del museo mi tirà sù il morale. Fino a 15 giorni fa per me Munch era quello del "Urlo" visto sui libri di scuola e basta. Una settimana fa avevo letto di lui sulla Rough Guide.

6.12.04


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Al parco dell'Amore... Posted by Hello

Catania-Milano-Parigi-Copenhagen-Goteborg-Oslo (anzi no, Halden) 18/VIII/ 2003

Cosi alla fine ho scelto il cambiamento. Nonostante le esitazioni degli ultimi giorni, stamattina quando la sveglia del cellulare ha cominciato a squillare sono sceso giù dal letto.
Attraversando Catania nel silenzio delle cinque del mattino con la mamma, ero molto meno straziato dalla nostalgia di quanto avrei potuto prefigurarmi. Forse era il sonno che mi teneva ancora troppo prigioniero.
Forse era troppo malsano per me rimanere nel ventre caldo ed accogliente di Acitrezza che stava diventando l’acquario ideale nel quale crescere le mie nevrosi da De Essentein. Sono i libri che ci influenzano o siamo noi che identificandoci, riconosciamo attraverso l’esempio letterario aspetti della nostra vita ai quali non dedicavamo sufficiente attenzione in precedenza? “La vità è piena di problemi interessanti in attesa di soluzioni”….
Temo che questo problema non sarà risolto da me. Almeno per questa vita.
Mentre salivo sulla scaletta il trillo degli sms mi ha fatto sussultare ancora una volta: “Il treno per Milano saluta l’aereo per Milano….”. Pc mi pensa. Sempre. Alle 6.45 del mattino non mi abbandona. E io che ho stentato a addormentarmi roso dal senso di abbandono e di isolamento. Certa gente a tutte le fortune e non se ne rende conto. Certa gente ha bisogno d’essere infelice “e non sopportarono neppure la felicità”.
Peccato proprio essere fra certa gente. Guido sostiene che ho messo per anni la polvere sotto il tappeto. Secondo lui adesso inevitabilmente questa discarica non autorizzata comincia ad impolverarmi le scarpe. Può darsi. Spero solo di non essere io stesso il produttore di polvere. Preferirei commercializzarla soltanto. Mi sembra un business più attraente.
Passerò la giornata in viaggio. 3 voli, 5 nazioni, un numero indefinito di ore di macchina e di tempo per scrivere, leggere e pensare. Che meraviglia!
Anelo il silenzio come il più prezioso dei beni. Io che mi sono riempito la testa da sempre fino all’estremo. Quante volte ho rimpianto nei giorni scorsi il periodo trascorso a Tor Vergata per completare la tesi di dottorato. Se solo fossi capace di vivere sempre come in quelle giornate nella mia stanza all’ultimo piano dell’edificio della ricerca.
Dannati vuoti d’aria. Congiurano per evitare che la mia mente si perda nelle solite rievocazioni. Forse hanno ragione loro. Va bene, mi arrendo torniamo a noi.
Sono contento che D. mi abbia lasciato in dono quest’abitudine ai diari di viaggio. Scrivere mi provoca un grande piacere, devo ammettere che scrivere senza la preoccupazione che qualcun altro possa leggere, rende ancor più tranquilli. Certo la vena egocentrica che ogni bravo consulente possiede rimane frustrata dall’idea che il frutto della propria mente rimanga prigioniero di pagine nascoste e remote ai più… cmq potrebbe anche darsi che la pratica dell’umiltà giovi al mio iper-trofico, in alternativa se questa tattica non avesse successo mi riservo l’opzione di far leggere queste pagine a chi volesse avventurarsi in un periplo degli intricati fiordi norvegesi, per non dire della barocca architettura della mia psiche.
L’arrivo a Linate da abbronzato ed in tenuta quasi balneare (W le Birckenstock) mi da una sensazione di ebbrezza se lo comparo con tutti i lunedì mattina in giacca grigia e cravatta dei miei passati quattro anni.
Mentre aspettavo di decollare, nella saletta Alitalia a Fontanarossa stavo proprio raccontando a mamma che in effetti sarebbe possibile abitare tutto l’anno a Catania e lavorare da consulente. Non farebbe nessuna differenza rispetto a via P., ragionavo a Catania, e sarebbe pure molto più economico comprare una bella casa sul mare.
Devo dire che l’arrivo in sandali ha rafforzato la mia convinzione da ragioniere conferendole l’entusiasmo dell’illusione da finto-vacanziero. Ripercorrere tutti i posti che fanno parte del tuo vissuto quotidiano lavorativo quando stai andando in vacanza fa uno strano effetto. Perfino la fila del metal detector sembra meno penosa. Peccato che oggi gli addetti alla sicurezza devono aver deciso che la prossima strategia per gli attentati di Osama Bin Laden passi attraverso i portatili.
Al banco siamo fermati sistematicamente tutti e a tutti viene chiesto di accendere le macchine. I malfidati non si accontentano del luccichio della spia del Power, vogliono proprio vedere Pc che mi abbraccia sulla terrazza della malga di Soi prima di essere convinti che io non trasporti plastico. La scena è un po’ da negozio di elettronica, il sabato pomeriggio decine di fessi con abbigliamenti improbabili (ma saremo sempre noi gli uomini in grigio del lunedì in versione vacanziera?) che accendano pc con le musiche di avvio più disparate. Secondo me gli addetti alla sicurezza andranno a dormire sognando il motivo di avvio di Windows.
Sarà stata l’immersione nel Foglio del lunedì (quanto mi sono mancati “Amori” e “Delitti”, il pezzo sulla passione masochistica nella Londra vittoriana era delizioso…) sarà stato il tipo della sicurezza con i suoi controlli da demente, ma come risultato comincio il viaggio senza una delle mia appendici più vitali.
Sull’aereo per Parigi ad un minuto dal decollo la tragica scoperta. Nonostante abbia rovistato dappertutto (ma perché la mia 24 ore è sempre piena come la borsa di Mary Poppins?) il mio cellulare non è saltato fuori. Me ne sono accorto mentre ero immerso nella lettura, ho avuto come una tragica premonizione. Addio sms, addio attese strazianti di un segnale di vita. Ha finito di torturarmi. Sono riuscito ad essere triste per meno di 30 secondi… Se credessi all’inconscio dovrei scrivere che probabilmente volevo perderlo ed ho avuto successo, come sempre del resto.
Sto proprio festeggiando. Non fosse per l’ansia di beccare Cate e Andrei a Copenhagen e per il dispiacere di ave perso il messaggio di stamattina della Principessa Pc. Ma perché i tuoi messaggi più belli devono sempre irrimediabilmente andar persi? Il furto di un cellulare ed uno con la memoria impazzita mi hanno già privato in passato. Sembra che più io ci tenga, meno diritto abbia a conservarli. Sia lodato l’inventore degli infrarossi che mi avevano consentito di fare un back-up completo ieri. Vi ho mai raccontato la mia fissa per i back-up ridondanti: i cd-rom in case diverse, le copie dei file su server in diversi continenti per il caso di guerra nucleare, etc.. Non ne ho mai scritto vero? Probabilmente è il caso che non lo faccia nemmeno stavolta se voglio mantenere una parvenza di sanità mentale.
L’arrivo a Parigi nella pioggerella e con il cielo grigio non è proprio piacevolissimo.
Innanzitutto il mio abbigliamento da turista marittimo è un po’ ridicolo. In secondo luogo fa veramente un freddo cane.
Percorrendo Charles De Gaulle alla ricerca del terminal del volo per Copenhaghen e di un telefono, ma quanto caspita è grande, non potevo non pensare all’OECD, anzi facciamo i francofoni, all’OCSE. La settimana scorsa ho finalmente consultato il loro sito alla ricerca di qualche vacancy che risolvesse definitivamente i miei problemi esistenziali, almeno da un punto di vista lavorativo, s’intende. Lavorare accanto alla Torre Eiffel, però… mi dicevo... Le francesi poi… confermavo girando per i corridoi in aeroporto, tutte un po’ culone (persino Emanuele Beart horresco referens ho scoperto dalla copertina di un settimanale in edicola) però sicuramente fascinose.
Pc si è detta disposta a venirmi a trovare. Se le sue visite si prolungassero per una decina di mesi l’anno sarebbe tutto a posto. Molto meglio di Washington. Dalla descrizione che me ne fa Stefano sembra una specie di EUR gigantesco, con sobborghi noiosissimi da periferia americana.
Certo alla Banca Mondiale magari sarebbe un po’ più facile entrare, ma se devo fare il grande salto allora voglio il massimo dell’allure. Per concludere, cosa aspettate all’IEA per assumermi? Vi sembra serio cercare solo un responsabile dell’agenzia?
Sull’aereo per Copenhagen prima del decollo ho un’altra opportunità di rendermi conto di quanto il Signore mi voglia bene… Sono in mezzo a bambini urlanti e mi chiedo: ”ma come gli viene in mente di metterti al mondo? Ma quanti masochisti affollano le strade del mondo! Grazie a Dio per avermi scampato dalla pulsione di riprodurre la specie. Certo a vent’anni avevo l’insano desiderio di vedere dei pargoli con gli occhi della principessa fra le sue braccia. Ancora adesso nei momenti di debolezza l’idea mi intenerisce ma ti prego Signore tienimene al riparo.
Il pranzo in aereo da molto l’idea della recessione che ha colpito le compagnie aere. Devo dire che io non sono fra gli schizzinosi che non mangiano mai i vassoietti “perché quelle cose lì per carità…”
Spero che la Norvegia mi consenta di dormire. Le notti insonni degli ultimi giorni rendono massimo il mio supplizio. Il sacrificio del mio cellulare dovrebbe contribuire a farmi rimanere più sereno. Atterriamo a Copenhagen, aeroporto immenso ed ordinato da città nordica (triste presagio dell’uniformità scandinava? Per fortuna da vero uomo del sud sono molto attratto dall’ordine freddo e preciso, forse un po’ noioso, tipico di queste contrade. D’altronde se nasci in un posto il cui mercato a Piazza Carlo Alberto è by far più rumoroso “c’è nu schifiù…” del bazar di Instanbul.
Cate e Andrea sono lì ad aspettarmi sorridenti. Nessun problema per trovarci anche senza cellulare (in effetti l’uomo si è trovato per un milione e mezzo di anni da Lucy in poi anche senza telefonini), la vacanza comincia a sorridermi. I timori di lasciare la Sicilia sono già lontani.
L’aria è frizzantina, il mio abbigliamento da spiaggia non è decisamente più appropriato. Peccato per il cielo griggetto, ma d’altronde mi sono beccato una settimana di sole fantastico a Catania quindi non posso pretendere troppo.
Si parte sull’Audi di Andrea. Mi siedo dietro fra le cibaria come i pupi, caricatore pieno di CD: siamo pronti!
Il ponte che collega con la Svezia a Malmoe è fra i più lunghi del mondo. Avevo enormi aspettative su questo volo sopra il Baltico. Piccola delusione. Il panorama non è eccezionale.
Certo se lo paragoniamo con i 500 Km di Svezia a nord è uno spettacolo entusiasmante. Se la Patagonia è il miglior modo per comprendere cosa sia il vuoto, la Svezia da Malmoe al confine norvegese si candida come campione della noia e della piattezza.
Come compiango gli abitanti delle poche case-camper nei villaggetti sperduti che abbiamo incontrato.
Cena a Goteborg che mi era nota per la Coppa dei Campioni. In effetti temo proprio che non esistano altre buone ragioni per conoscerla. Un rapido giro del centro a piedi ci convince che è meglio buttarsi sul cibo. Becchiamo un ristorante un po’ fusion-fighetto. Andrea è sbiancato quando ha visto i divanetti su cui ci si sdraiava pieni di giovini in teneri atteggiamenti.
Il cibo alla fine era buono. Direi di derivazione indiana. Ma è possibile che in Svezia non abbiamo proprio niente a parte Stoccolma e le donne? Fra parentesi gli unici uomini eterosessuali a parte me ed Andrea erano due immigrati trucidissimi (importare fuchi, che idea). Un’altra ora di marcia nel pattume e possiamo finalmente riposarci in uno splendido motel poco dopo il confine con la Norvegia. Oslo è solo a 100 km, ma la fatica si fa sentire, inoltre i cambi continui di moneta (ma perché questi infami non hanno aderito all’Euro? Io le loro ridicole corone con le facce da pirla dei loro regnanti da operetta gliele farei ingoiare.) e le difficoltà di comunicazione ("Oslo-Goteborg Gameboy". Questo è quello che ho capito in dieci minuti di conversazione con un vecchietto locale. Ma non dovevano essere tutti perfettamente bilingui?), rendono tutto un po’ più faticoso. Meglio riposare le stanche membra nel ricovero da camionisti. Domani è un altro giorno.