12.3.05


Abbraccio nel Mid-West Posted by Hello


"L'antico faro" Posted by Hello


Spiagge Posted by Hello


Cartoline dal Michigan (1) Posted by Hello


Sulle strade del Michigan Posted by Hello


Cartoline dal Michigan Posted by Hello


Rue de Vin Posted by Hello


Sul lago Posted by Hello

7.3.05

Michigan Forever

Scritto a 4 mani con la piccola Protasi:

"1.
Doveva succedere, prima o poi. Era inevitabile che, secchiona e ligia al dovere come sono, il bisogno di integrazione mi conducesse al temuto evento dell’americanizzazione…
Ma finora non me n’ero mica accorta. Avevo bisogno di uno specchio di italica fattura, e di amorosa attenzione…
M. è arrivato alle quattro di sabato 26 febbraio. Grande commozione e gioia, straziante scena all’aeroporto. Sorvolo sull’immaginabile seguito, sulla cenetta a lume di candela e su tutti i riti del rincontro.
Insomma, il giorno dopo visita guidata alla “città”. Ebbene sì, perché in questi due mesi sono passata da Ann Arbor as a nice town ad Ann Arbor as a nice city…
E come in ogni metropoli che si rispetti, bisogna prendere l’autobus per arrivare da downtown al campus. Ci appostiamo alla fermata, invasa dalla neve non calpestata, visto che gli studenti sono tutti partiti per “spring break” (che ho finalmente capito perché si chiama così nonostante sia pieno inverno: in tutte le altre università è molto più in là nell’anno, qui anticipano, per finire prima l’anno e fare più soldi con le summer schools).
Insomma, l’autobus arriva e la vostra ex-smaliziata amica entra nel pallone. “NEVE A ORE 12-GNEK- COME FARE?- BIP”. I colleghi filosofi si immaginino la versione femminile di un essere robotico di nostra conoscenza... Le rotelle cominciano a lavorare febbrilmente, gli ingranaggi girano a vuoto, nell’incessante ricerca della soluzione all’arduo problema: come salire sull’autobus con tutta quella neve sul marciapiede?!
M. mi guarda perplesso, scende dal marciapiede e va incontro all’autobus sulla strada. Io panico e penso “Oddio, ma così lo investono!” e subito dopo “NON SI PUO’ FARE!!” (ricordate, le istruzioni per prendere l’autobus?).
La strada è ovviamente deserta, l’autista non è totalmente cerebrolesa e rallenta fermandosi appropriatamente a un metro dal marciapiede per permetterci di salire.
L’autista americana si è dimostrata più flessibile di me!
Sprofondo nella vergogna e nell’orrore… M. mi guarda preoccupato…
Poco dopo la conferma della terribile avvenuta metamorfosi. Siamo ormai vicini al campus. M. mi chiede se un ristorante di cui gli avevo parlato è lì vicino. “Nooo!- faccio io- è a downtown!!” Lui scoppia a ridere. La distanza fra casa mia e l’università e più o meno quella che c’è tra il Colosseo e Piazza Venezia…
Insomma, ragazzi, è la fine! Mi sono americanizzata… non attraverso se non sulle strisce, faccio la fila pure al bagno di casa mia, alzo la mano prima di parlare in classe anche quando sono tutti zitti.
Al ritorno in madrepatria sono destinata all’estinzione…

2.
Per prevenire il rischio di estinzione decidiamo che è il caso di portare la piccola Protasi al di là dei confini della sua amata college town. Viaggio on-the road, miei cari. Certo, detta cosi uno si immagina la beat generation su rombanti Harley Davidson per le strade dell’immenso ovest, panorami mozzafiato… Stavate immaginando cose simili? Scordatevele.
Pensate ad un auto compact a noleggio (la più piccola che si possa prendere, ed è già più grande del 80% delle auto che abbiano mai solcato asfalti europei…), ad una bella nevicata costante, a foreste infinite, a macchine spargisale che diventano familiari e parti integranti del panorama quasi come i pini a Roma. Questo è quasi il mid-west. Siamo sui laghi al confine con il Canada. Questa è roba da uomini veri. La domanda è “e voi allora?”.
Non crediate di essere gli unici ad essersi posti questa domanda: una simpatica cassiera, in the middle of no-where, sentendoci parlare con accento esotico ci chiedeva da dove provenissimo: “Dall’Italia” e a bruciapelo rispondeva “And WHY are you here?!”. Con una faccia che spiegava molto di più di mille parole... Saggezza di questi popoli del grande freddo.
In ogni caso, noi la nostra risposta l’abbiamo trovata. Il Michigan in inverno è il posto ideale per coppie che non si vedono da tanto tempo e vogliono passare MOLTO tempo assieme. A Bay City (la città di Madonna) Lei non può essere attratta dallo shopping dato che ci sono solo tre negozi in croce. A Traverse City, la Rimini del Michigan, il posto più bello dello stato in AGOSTO, Lui non può essere tentato dai campi di beach volley perché la spiaggia è completamente sommersa dalla neve ed ogni tanto fa capolino qualche pedalò che emerge fra le gobbe bianche (forse si potrebbe tentare di lanciare il “white volley”, ma già li vedo i fanatici del politically correct pronti a protestare coi loro cartelli).
Insomma lo stato dei laghi è affascinante e pieno di opportunità, ad esempio si possono fare delle bellissime passeggiate in macchina. Potete percorrere 30 miglia alla ricerca dell’antico faro della penisola, super-segnalato dalla guida dello stato di complessive settanta pagine, e scoprire con piacere una simpatica casetta di legno alta tre metri e mezzo, che mi ricordava la casetta degli attrezzi di casa mia sul lago di Bracciano (però in compenso c’è una iscrizione che ricorda che siamo a metà strada fra il Polo e l’Equatore, a guardarsi intorno non mi sento cosi equi-distante a dire il vero….). Oppure magari potete fare degustazioni di vini lungo la “rue de vin”, fra filari di vite sommersi di bianca e lieve neve (siamo alla latitudine di Bordeaux, sciocchi! Come non pensarci…). Se proprio volete esagerare, vi consiglio infine un giro per Detroit, che a quanto ci dicono è un interessante caso per urbanisti, la prima città fantasma del terzo millennio. Sembra che il 70% degli edifici sia abbandonato, con vetri rotti, annessi e connessi. Gli appassionati di Ken il guerriero e del genere post-nucleare giapponese rischiano di trovarsi tremendamente a loro agio.
Per concludere. In Michigan in inverno si possono passare giorni fantastici di turismo a due condizioni (non mutuamente esclusive ovviamente): si è molto innamorati o si è perennemente ubriachi. La costiera amalfitana lasciatela alle coppie in crisi o a quelli capaci di contenere la logorrea della propria rispettiva fidanzata/ proprio rispettivo fidanzato….

3.
Di nuovo all’aeroporto. Sembra che sia passato un istante, il tempo di abbracciarsi nella saletta dell’arrivo e siamo di nuovo lì, a prenderci un caffè e un disgustoso panino di plastica nell’unica caffetteria accessibile ai non passeggeri.
Attendiamo fino all’ultimo minuto possibile, poi M. deve scappare. Seguo la sua fila per passare il controllo dei bagagli (a rispettosa distanza, ovviamente, come si conviene…), ha i minuti contati ma c’è poca gente. Arriva il suo turno, comincia la perquisizione di rito. Comincio a rivestirmi per affrontare il gelo esterno e tornare a casa.
Ma, un attimo, c’è qualche problema. Vedo che continuano a passargli addosso l’aggeggio elettronico che fa da metal detector… lo palpano!! Penso, va bene, adesso andrà bene. E invece no, ricominciano tutta la trafila. La guardia lo ripalpa. Se fosse una donna, mi innervosirei alquanto, qui mi sembra che si esageri. Sarà la faccia da terrorista iraniano? La sovversiva e/o sospettosamente effeminata sciarpetta turca? Ricomincia la terza perquisizione. Si leva le scarpe, la cintura…
Il suo nome viene chiamato dall’altoparlante insieme a quello di un altro passeggero dello stesso volo. Mancano quindici minuti al decollo. Comincio ad agitarmi… ha una riunione due ore dopo l’arrivo in Italia, non può permettersi di perdere l’aereo. Vedo che fa segno alla guardia in direzione dei gate.
E quello ricomincia a stoccacciarlo!! Ma insomma!!! Lo hanno perquisito per quindici minuti buoni…
Finalmente lo lasciano andare. Gli faccio il gesto di correre, di sbrigarsi, e lui… si ferma a salutare!! Più io mi agito, più lui si ferma a muovere la mano e mandare baci!!
Allora capisco che devo andarmene o lo scemotto resterà lì. Corro via e finalmente corre via pure lui. Lo chiamano una seconda volta, stavolta manca solo lui. Dieci minuti alla partenza. Chissà dov’è il gate, mi chiedo.
Alla fine, ce l’ha fatta. Come sempre, all’ultimo minuto secondo.
La prossima volta, saremo più saggi. Bisogna calcolare gli imprevisti, la difficoltà di separarsi. E le guardie di sicurezza allupate!"