8.8.05

Roma-Belfast: 29 Luglio 2005

“Mica sto a pettina’ le bbambole” (MDS)
Gente dura questi baristi di frontiera. Gente avvezza ad affrontare decine di mani protese che fra mugugni inintelligibili chiedono, pretendono ed ansimano per chissà quale bene di conforto. Soli fra le torme di barbari anglofoni che le compagnie low-cost riversano ogni giorno a Ciampino, non possiamo non ammirare la sorniona imperturbabilità di questi discendenti del miles romano. Non si scompongono, non sudano, non si agitano. Con il loro sorrisetto ti servono efficienti e strafottenti. Uno contro centro braccia. Altro che i movimenti preordinati studiati a tavolino da qualche esperto di lean manufacturing. Loro lavorano sul serio non stanno “a pettina’ le bambole”. Non posso fare a meno di trattenere un vago orgoglio nazionale.
In definitiva, comunque, queste low cost non sono per niente male. A parte questo tentativo subdolo di rilanciare le invasioni barbariche (altro che le crociate, questo è il vero revival dei nostri giorni), possiamo esprimere un giudizio positivo. Si possono permettere persino piloti che si sentono spiritosi: “Welcome in the sunny Belfast” ci saluta il comandante fra i nuvoloni a 15 gradi. Per me è il clima perfetto.
L’aeroporto di Belfast conferma le mie ipotesi sull’emergere del neo-tribalismo. Gli irlandesi hanno un che di selvaggio: donne in rosa (ma non era di moda un po’ di anni fa?), treccine a profusione per non menzionare i cappelli da cow-boy, etc. etc.
Certo, se per S. la differenza tra Irlanda ed Islanda non consistesse solo in una lettera dell’alfabeto tutto sarebbe più facile, ma non si può pretendere troppo da una neo-svampita, e poi in fondo i geyser mi piacciono La guida dell’Islanda l’useremo in futuro. Ritirati i bagagli non ci resta che affrontare l’ottusità dei commessi aeroportuali. Dobbiamo solo riuscire a far capire che quando chiediamo “The rough guide of Ireland” non vogliamo una guida rozza di questo paese. Muniti di tutto il necessario siamo finalmente pronti. L’avventura irlandese può cominciare.

Swinging Belfast: Vintage forever (SP)
Effettivamente Belfast avremmo anche potuto saltarla, se qui non ci fosse l’aeroporto furbescamente scelto da Easy Jet. Ma dal momento che ci siamo, ci mettiamo d’impegno a fare i turisti come si deve. In cinque minuti padroneggiamo la topografia cittadina. O meglio, M. lo fa: io lo seguo docilmente ricordando a me stessa la storia dei due emisferi cerebrali differenti in uomini e donne e rammentandomi della mia incredibile intelligenza emotiva, in modo tale da non sentirmi la solita svampita priva di senso dell’orientamento.
Grazie all’unione delle nostre differenti ma altrettanto valevoli capacità, troviamo ben presto il posto cool della (altrimenti non esaltante) cittadina: il negozio di vintage!!!
In Irlanda la nostalgia degli anni Sessanta è quasi una professione. Al posto dei residuati sessantottini cinquantenni con la panza che si trovano mediamente nei negozi intorno a piazza Navona, qui troviamo graziose fanciulle in bluse a fiori e baldi giovanotti fasciati in pantaloni a zampa d’elefante, emuli senza pudore dei figli dei fiori (e molti altri ne vedremo in giro per la nazione, dentro e fuori i negozi dell’usato e perfino con numerosa prole).
Al posto di Rino Gaetano, il classico Sgt. Pepper. Almeno l’odore, però, è quello familiare di polvere e stoffa, che è la naturale conseguenza di case, water, sellini di bicicletta e persino traghetti tappezzati di moquette!!! (Oh, la maledizione di essere anglossassoni!)
Mi getto su deliziosi, oserei dire “lovely”, vestitini in pizzo e perline anni ’50 e ’60. Ahimé, l’irlandese media sembra essere o irrimediabilmente più alta e robusta oppure, peggio, in caso di statura analoga, di proporzioni che ai nostri parametri mediterranei sembrano mostruose: qualcosa come 80-80-80… Un dolmen.
Come constateremo a Dublino, non va meglio con gli uomini: i giacconi di pelle provati da M. calzeranno a malapena sulle spalle, mai sulle maniche e sulle gambe. Segno di uomini gracili e abbastanza più bassi dell’italiano medio, che certo non è famoso per l’altezza.
Peccato: altrimenti la società romana avrebbe avuto il piacere, forse un po’ traumatico, dell’ex-consulente in versione Capitan Harlock.