21.11.04

Ushuaia 12-13/XII/2001

“La fin del mundo”, aereo per la terra del fuoco, verso il sud più sud. Ushuaia secondo gli argentini è la città più a sud del mondo (secondo i cileni Puerto Williams è più a sud… ma meglio non entrare nelle loro beghe senza fine). Nell’ottocento venivano deportati qui i delinquenti più pericolosi che rinchiusi “nel presidio” la notte, andavano a tagliare legna nei boschi di giorni.
Oggi è un insieme di case a degradare con una vista mozzafiato sul mare, montagne innevate alle spalle, grandi vetrate e terrazze con vista sulle navi rompighiaccio che da qui partono per le crociere antartiche. Esiste posto più romantico?
Sole bellissimo. A 1.000 km dall’Antartide continua a fare caldo.
Navighiamo un tratto del canale Beagle di fronte alla città. Navighiamo sulle acque di Darwin. “L’origine della specie” è nata qui. Mi sento come se fossi tornato nel luogo in cui i genitori mi hanno concepito. Senza il Beagle, addio teoria evoluzionista, scienze complesse, Santa Fe e complessologi complessati.
Non sono mai stato cosi vicino ai luoghi del leggendario capitano. Dall’altra parte dell’orizzonte c’è l’avventura, quella vera del continente bianco. Era il 30 agosto del 1916, quando sir Ernest Shackelton tornava sull’isola Elefante a riprendere i compagni che avevano affrontato un tremendo inverno antartico armati solo di rifugi costruiti rovesciando le scialuppe di salvataggio.
Ognuno ha gli eroi che merita. Io spero di meritare il capitano: uno che ha organizzato numerose spedizioni antartiche, non ne ha mai portata nessuna a compimento, eppure è fra i grandi dell’umanità. Da quando l’Endurance si è staccata dalla base baleniera della Georgia australe, i 22 della spedizione che doveva circumnavigare l’Antartide sono entrati nella leggenda.
La nave rimase incagliata fra i ghiacci. “Deriva, deriva, verso nord, nord-ovest. Profondità 370 metri 72° di latitudine est”.

"Durante la grande guerra nel Gennaio del 1915, un forte vento spingeva grandi blocchi di ghiaccio galleggianti imprigionando per sempre la nave dell'audace capitano Shakleton."

Capirono presto che la morsa non li avrebbe liberati mai. Tirarono giù le scialuppe e dopo una breve permanenza sul pack (avete mai visto le foto delle loro partite di pallone sul ghiaccio? Altro che Mediterraneo), cominciarono a navigare nell’oceano Antartide fino a raggiungere l’isola Elefante mai toccata da piede d’uomo prima d’allora. Sull’isola deserta e ghiacciata Shackelton ha lasciato tutti i compagni meno due e si è rimesso in navigazione alla ricerca d’aiuto. Migliaia e migliaia di km di oceano in mezzo a tempeste tremende. Raggiunsero la Georgia Australe finalmente. Peccato che la Georgia Australe abbia una scomoda caratteristica geografica: una base baleniera abitata, una montagna da 4.000 mai scalata prima d’allora, e una sponda disabitata. Indovinate da che lato sono approdati i nostri amici fortunati? Poteva fermarli una piccola impresa alpinistica? Suvvia non siate puerili. Il giorno di Pasqua del 1916, si racconta che gli abitanti della base si videro comparire davanti tre esseri para-umani. Reduci da un’odissea di due anni al limite dell’umano. Ora cosa avreste fatto voi in un’occasione simile? Io mi sarei buttato su una cioccolata calda e avrei chiesto i risultati delle partite dell’Inter (che almeno ai tempi dava qualche soddisfazione). Shackelton invece era evidentemente il tipo d’uomo che non seguiva il calcio. Lui si fece una doccia, si fece dare una nuova nave e in due giorni parti per andare a salvare i compagni sull’isola Elefante. Che ci crediate o meno, nessuno morì. Gli avevano affidato 22 anime e 22 ne sono tornate a casa (un po’ meno bene andò ai cani della spedizione)….scusatemi se è poco.
Fuori dal porto ci portano all’isola de Los Lobos dove abbiamo l’occasione di osservare veramente da pochi metri i leoni marini. Molto bello. Peccato che il guano sia davvero pestilenziale.
Bello vedere volare i cormorani, Volano bassi, bassi a pelo d’acqua, sembrano toccare il mare con ogni battito d’ali. Decollano con le zampine palmipede cominciando a correre come idrovolanti alzando una scia bianca di schiuma e dopo qualche decina di metri “ritirano il carrello” e si reggono in volo battendo le ali. Quando non volano o pescano, se ne stanno accovacciati sullo specchio del canale come paperotti.
Arriviamo al bel faro rosso simbolo di Ushuaia (il finto faro della fin del mundo), foto di rito e navigazione di ritorno nel salone anni trenta della barca seduti su sedie di cuoio verde in mezzo alle foto del transatlantico naufragato contro l’isola del faro negli anni ’10. Questo posto è un po’ fuori dal tempo c’è poco da fare: pare che l’unico a morire sia stato il capitano che non ha voluto abbandonare la nave come nelle migliori tradizioni.Cena romantica sul lungomare. L’insegna gigantesca a forma di granchio spingerebbe a desistere, ma l’interno del locale è veramente carino. Una strana accozzaglia di oggetti marinari, giornali spagnoli degli anni trenta e un’atmosfera intima. “con te partirò” in sottofondo. Il cibo è ottimo, il tramonto roseo sul mare troppo bello anche per una cartolina. Ecco perchè non possiamo non dirci soddisfatti.