20.10.04

Peninsula Valdes - 4/XII/2001

La gran parte dei turisti, è noi con loro, arrivano alla Peninsula Valdes, per vedere le light whales (Non lasciatevi trarre in inganno dal nome, a dispetto delle loro tonnellate si sono meritate questo nome perché i loro corpi galleggiano dopo la morte). E’ un po’ triste rendersi conto di essere nella massa e della massa anche qui, dall’altra parte del mondo. Come scriveva quell’eccentrico snob di Evelyn Waugh “tutti gli inglesi che vanno all’estero vorrebbero essere considerati, fino a prova contraria, dei viaggiatori e non dei turisti. […] io sapevo che era perfettamente inutile continuare a tenere in vita questa pretesa. Io e i miei compagni di viaggio eravamo, senza possibilità di compromessi o di attenuanti, dei turisti”. Parole sante. Valgono anche per un finto-siciliano come me.
Armati di giubbotto salvagente arancione saliamo sulla “Azul Profondo” con orde di signore di mezz’età, e partiamo alla ricerca degli agognati mammiferi.
Il fondale è bassissimo nella zona (mai più di 15 metri) e questa è una delle ragione per le quali le balene vengono qui a partorire i loro piccoli, da loro il parto in acqua è sempre andato di moda ;-). A quanto pare i Cachorros, i piccoli di balena, non sono dei provetti nuotatori, e la mamma deve dare ogni tanto dei colpi di pinna per tenerli a galla. Questi cuccioli di mammifero sono proprio ritardati. Sapete che il cucciolo di uomo fino ai primi mesi di vita è in tutte le abilità meno una inferiore al cucciolo di scimmia? L’eccezione è costituita dalla capacità di riconoscersi guardandosi in uno specchio. Pane per i denti dei cultori delle neuroscienze e delle discipline cognitive varie….
Dopo una mezz’oretta di girovagare per mare allietati dal sole che scotta il viso, e dalle chiacchiere di un gruppetto di italo-argentini over 70, avvistiamo la prima balena che sta allattando il suo cucciolo (l’amico beve qualcosa come 200 litri di latte al giorno alla faccia della Parmalat). Mamma e figlio giocano, pinneggiano, spruzzano acqua tipo geyser e tutte quelle cose che vi aspettereste da una balena solo viste dal vivo e da molto, molto vicino.
Pomeriggio assolato. Vaghiamo fra le piste della penisola (in siciliano si direbbero "trazzere"). Sul pulmino dormono tutti. La guida legge un libro su un suo avo, esploratore gallese. Mi godo il paesaggio da solo in silenzio. A destra e a sinistra pianura, immensa pianura riempita solo di arbusti e di terra gialla. La luce, vera protagonista della Patagonia, a quanto ho capito finora, illumina tutto bianchissima, purissima, come in Europa si vvede solo in ventosissime giornate d'inverno quando soffia quella tramontana che spezza il fiato se solo si senta di fare un respiro più profondo.
Questa natura scabra, con una vegetazione ora più fitta, ora più rada a seconda dell'esposizione ai venti, spinge la mente a vagare. Scriveva Borges che se si vuole avere un'idea del vuoto bisogna venire in Patagonia. E' vero, non c'è dubbio. Ma si tratta di un vuoto particolarmente denso. Mi ritrovo a pensare a come deve essere stata la Terra prima dell'uomo. Qui forse non era cosi diversa da come sarebbe in assenza della razza umana.
Pensieri quotidiani fanno capolino allo stesso modo nella mia testa. Un po' come la scena di Nanni Moretti su Stromboli. Mi ritrovo a pensare intensamente a come sarà andata la riunione di condomino a Roma...
Una linea elettrica d'un tratto mi provoca un fastidio vivo. I pali di legno mi sembrano insopportabili.
Ci imbattiamo in una famiglia di pseudo-struzzi patagonici. Babbo e sette-otto figli secondo la guida. Il mio occhio cittadino non ne vedeva più di cinque. Riconoscere il diverso nell'omogeneo richiede conoscenza a quanto sembra.
Lamento per il maschio: oppresso dal machismo come l'elefante marino che passa da cinque tonnellate di peso a pochi quintali di peso durante la stagione dell'amore, un po' alla Lando Buzzanca nel "Merlo Maschio", o costretto ad una paternità violentata come il povero struzzo patagonico che viene bloccato da cinque femmine per giorni e obbligato a covare le uova fino a che non si schiudono. Il senso di virile compartecipazione per il poveretto è travolgente. Ricorda Dustin Hoffmann in "Kramer contro Kramer". Era meglio morire da piccoli...
Dall'alto di una scogliera ammiriamo leoni ed elefanti marini in armoniosa coabitazione. Il paesaggio ricorda la 'coute sauvage', o perlomeno Gaeta, anzi invogliava a discendere in corda doppia ed a tentare di aprire qualche via.
Peccato che a quanto pare il guano (lo sterco) degli animali abbia un odore insopportabile e che la roccia fosse del tutto friabile. In effetti i gallesi non riuscivano ad approdare proprio perchè la costa è tutta una scogliera tanto bella quanto alta ed inaccessibile. Non ci facciamo mancare niente, nemmeno una reprimenda della guida contro il governo in uno spagnolo cosi latineggiante da fare impressione (tipo 'no calientatur largo viventur').
Domani ci aspettano i pinguini.