"Quaerendo invenietis": Santa Fe Institute
Qui comincia l’avventura, si, si, proprio cosi, qui cominciano le gesta di un folle innamorato, di un pazzo esagitato, di un sedicente scienziato.
Volo DC-Dallas. Atterro all’aereoporto è già un altro mondo. Altro che la capitale, in qualche modo simil-europea (cmq piena di internazionali), qui è tutto uomini con cappellone, cinturoni e stivaloni, ragazzi di diciottenni con fisico compatissimo e capello cortissimo vestiti da soldato, in mimetica da deserto, pronti per enduring freedom, accento del sud. Sono già quattro ore che ho lasciato DC. Comincio a sostituire un’idea fisica all’idea mentale di quanto sia distante il Nuovo Messico, in ogni senso. Nuovo aereo: Dallas-Albuquerque (l’aereoporto principale del nuovo Messico, città natale di Lucille Ball per gli amanti delle fiction anni cinquanta). Aeroporto molto bello, mi sorprende: in stile indiano, pieno di colori, alla moda, si vede che questo è un posto super-turistico. E’ la settimana con la festa delle mongolfiere, l’evento principale della città, i voli sono gremiti.
Bando alle ciance vado a cercare un autobus per Santa Fe. Una cosa cosi semplice può essere sufficiente per darti un’idea di quanto sia cambiato il panorama umano intorno a te. Ai banchi delle società dei pullman visi latini, accenti latini, ritmi direi medio-orientali, calore e cortesia che mai e poi mai un anglo-sassone riuscirà a sprigionare nemmeno quando è super-simpatico. Un’ora e mezzo su una striscia di cemento in mezzo ad una vastità desolata. Non so bene a cosa paragonarla, molto più piena della Patagonia, più verde della Sicilia interna, con meno case della Castiglia. Insomma un po’ “no-where” non c’è che dire. Del resto mi avevano avvisato. Sarojini, un’amica californiana mi aveva detto “guarda per andare a stare in un “no-where” è un bel “no-where”, in fin dei conti lo diceva anche Will Cuppy nel suo “Decline and the Fall of practically everybody”: “Le piramidi sono fantastiche, se ti piacciono le piramidi…”.
Arrivo all’albergo che mi hanno prenotato dall’istituto, sono le cinque del pomeriggio (ora del NM, le sette di sera a DC). Sono in viaggio da dodici ore. Se non avessi addosso un’adrenalina da tossico-dipendente potrei svenire. L’albergo è di proprietà di una tribù seminole che lo gestisce anche (sostengono di essere l’unico caso al mondo, sostengono anche di essere fra i 50 alberghi più belli degli Stati Uniti). E’ molto bello non c’è che dire, certo un po’ strano dalla musica indiana nella reception, alle grandi statue sparse un po’ ovunque, allo stile decorato che, scoprirò in seguito caratterizza tuta la città. Ma in questo viaggio le stranezze sono all’ordine del giorno, questo è solo un magro antipasto.
Santa Fe è uno dei posti più alla moda degli Stati Uniti. Un posto veramente da ricchi. Una specie di Cortina ibridata con i pellerossa in salsa Tex Mex. Un posto veramente singolare. Direi trentamila abitanti, un’infinità di gallerie d’arte (per qualche strana ragione non solo i pittori vengono a dipingere le loro tele qui, ma anche i ricconi vengono a sborsare i loro dollari in questo posto ai piedi delle Montagne Rocciose, ‘the Rockies’, per avere un tono un po’ più confidenziale), il più alto numero di Ph.D pro-capite per via dei laboratori di Los Alamos nei quali gli americani progettano da sempre le armi atomiche reclutando un’infinità di fisici. Non mi meraviglia che quel povero disperato dell’alieno di Roswell abbia deciso di schiantarsi a poche miglia da qui. Che altro posto poteva scegliere, in fin dei conti?
E’ tutto il giorno che lavoro sugli aerei alla mia presentazione per domani. E’ assurdo stare lavorando dal 1999 su qualcosa e non avere ancora niente in mano. Tutta colpa di Stefano Eusepi :-), non c’è dubbio…. Per fortuna il consulente che è in me non mi ha abbandonato. Che PowerPoint sia con me.
Sono le otto, vado a cena in centro. “Faccio un po’ di turismo” penso. Sapete qual è il bello di Santa Fe? Che non rischi di tornare esausto dopo aver camminato per ore ed ore vedendo un’infinità di cose che ti potrebbero anche dare il mal di testa, tipo NYC. Qui vedi la Plaza e la chiesa di S. Francesco, giri per i 20 negozi, dai un’occhiata alle gallerie d’arte ed in 30-40 minuti sei al livello di un nativo del posto. Efficiente, comodo, e anche tutto sommato democratico dopotutto L Provate a cenare dopo le 21.00. Anzi provate a trovare qualcuno in giro per la strada. Io sono riuscito ad avvistare solo una coppia di italiani in viaggio di nozze (certo che gli sposini ormai arrivano veramente ovunque…).
Devo scrivere, scrivere. Ho sonno. Non riesco a dormire. Sono depresso. Non riuscirò mai a sopravvivere in un posto del genere. Ma che ci sono venuto a fare? Ma come mi è saltato in mente di scrivere una e-mail a Doyne Farmer: “salve, sono un giovane italiano che vorrebbe venire a trovarvi”. E’ vero che con questo approccio io e Guido abbiamo scoperto Vallombrosa e la nostra vita e cambiata in meglio (certo mai quanto avrebbe dovuto e potuto ma visti i personaggi che cosa aspettarsi di diverso), però… Io domani a questi che gli dico. Farò una figuraccia. Non capirò l’accento, né quello che dicono. Saranno tutti scontrosi e io intimidito. Voglio tornare a casa. Voglio la mamma.
Insomma, ero un po’ in crisi. Per fortuna, credo proprio di avervelo già scritto, quando il gioco si fa duro….
Lunedì mattina, sole splendente, salgo sul SUV dell’abergo alle 7.50. Mi sono svegliato alle cinque fra l’agitazione e il fuso orario. Usciamo dall’abitato (‘1’’30 netti), ci inerpichiamo per Hide Park Road (‘2’’30), eccoci, il cancello, cuore all’impazzata, c’è un viale in salita con un po’ di tornanti. Scaliamo il parco dell’istituto (‘1’’00) è arriviamo in cima alla collina.
WOWWW! E’ un villone. Il piazzale è deserto. La porta sembra aperto. E’ un deja-vu. Entro in un chiostro immerso nel silenzio più totale. Ma io non sono a Vallombrosa. “C’è nessuno?”, comincio a vagare, s’intravedono camini, divani, salotti, grandi saloni conferenze col soffitto in legno decorato “Ma dove sono finito”?
Arrivo di fronte alla sala conferenze principale “Optimism is an essential ingredient for innovation”. Ho capito dove sono arrivato. E’ il posto per me.
Vago fino alle 8.30 quando comincia ad arrivare la gente. Caroline, il padre foresterario, cioè scusate, volevo dire l’assistente amministrativa che si occupa dei visitatori, mi porta in cucina e di fronte ad una tazza di thè mi consegna la mappa dei sentieri nel parco dell’Istituto. “sei vuoi fare una passeggiata abbiamo vari livelli dal semplice all’escursionistico..” mi fa vedere il mio ufficio e mi lascia alle cure di Nick, l’uomo dei computer. “Quanti computer vuoi?”, mi chiede. “Scusami forse non ho ben capito”, deve essere l’accento mannaggia. “Di quanti computer hai bisogno?”. “Ma io ho il mio portatile non preoccuparti”. Sguardo di delusione nei suoi occhi… “Cioè volevo dire, uno me ne basta uno…”. Meglio non sfigurare troppo. In effetti gli studi degli altri assomigliano ai negozi di elettrodomestici. Con meno di due schermi sembro troppo un turista…
Mi da l’accesso ad una macchina Windows -meno male sono cosi arrugginito in Linux che la figuraccia sarebbe stata pressoché certa- scorro la lista dei profili utenti per entrare nel sistema “A”, “B”, …”L”, “M, eccoci si siamo”. Massimo Sapienza finalmente. Mi cade l’occhio sul nome precedente “Martin Shubik”, professore di matematica per l’economia a Yale, praticamente una leggenda. Ma chi sono !!! Se è un sogno non svegliatemi…
Alle 10.00 ho appuntamento con Doyne Farmer, il mio ospite, il momento della verità si avvicina. Mi accoglie sorridente. E’ proprio il classico americano costa ovest easy-going e rilassato, meno male (credo che aiuti il fatto che alcuni anni fa ha fondato una società che pare renda milioni di dollari…). Discutiamo dei miei paper, dei miei progetti di ricerca di futura, di quello che studia il suo gruppo. Doyne è veramente gentile e nel vero spirito di Santa Fe, ricerca interdisciplinare ibridando i contributi del massimo numero di persone e di approcci, mi organizza interviste con gli altri ricercatori residenti. “E’ molto importante che tu partecipi a tutti i pranzi comuni alle 12.00 ed ai the delle 3.00 del pomeriggio. Noi non crediamo alla ricerca di ciascuno chiuso nella sua stanza. Vogliamo che la gente si scambi le idee, ci teniamo a questi momenti comuni”. Amen!
I pranzi sono incredibili, li fanno solo da maggio ad ottobre. Negli altri periodi dell’anno i ricercatori prendono la macchina salgono per 10 km fino all’inizio degli impianti da sci: due ore di sci e pranzo al rifugio…. Il primo giorno stavo parlando con Doyne del suo recente sforzo per imparare l’italiano. “Complimenti, deve essere difficile imparare il genere delle parole”. “Poteva andarti peggio Doyne”, si inserisce Sergey, linguista russo, autore di un ponderoso trattato in 4 volumi sull’etimologia delle lingue altaiche, “Sai che esistono lingue altaiche che hanno fino a 12 generi (dico 12….)? In questi giorni sto studiando una lingua con 4 generi: uno per gli uomini e le donne anziane, uno per le donne giovani, uno per gli animali ed uno per tutto il resto…”.
La merenda delle tre non è da meno. A parte il the, i brownie, la frutta, trovi gente a chiacchierare di cose tipo il quantum computing. “non so bene di cosa si tratti, ammetto timidamente”. Nessuno si scompone. “Hai presente la legge di Moore che prevede quando arriveremo al limite fisico della velocità dei computer?”. Fino a qui arrivo (più o meno). “Bene noi studiamo come si fa ad andare oltre quel limite”. “E come si fa?”, “sostanzialmente pensa di mettere l’utilizzatore del computer in una specie di macchina del tempo, lui lancia l’esecuzione del calcolo e in parallelo torna un po’ indietro nel tempo….”. Insomma finalmente ho trovato un gruppo umano nel quale non sono l’unico a dire e pensare assurdità J.
Nel pomeriggio vedo John Miller, l’unico economista vero della banda, praticamente il fratello magro di Micheal Moore, ranchero da quattro generazioni del Colorado. “Sai che se vieni qui da noi a studiare poi per te sarà un inferno? I dipartimenti di economia non ti vorranno perché hai pubblicato con i fisici, ..”. Apprezzo l’onestà intellettuale, mi ha ricordato un’e-mail di tanti anni fa (era l’undici dicembre del 1998)
“Caro dr.Sapienza,
scoraggiare dall'intraprendere strade impervie è il dovere di ogni buon docente; se lo studente decide egualmente di seguirle, probabilmente ... è un buon studente.”
Era Pietro Terna all’inizio della nostra vita di ricerca comune. Se mi sbaglio, se non altro non si potrà dire che non sia consistente nei miei errori.
Vedo gente in continuazione. Ciascuno mi scarica addosso parti dello scibile sconosciute. La mia testa scintilla. Mi vengono in mento 2000 idee al secondo. Oddio la vita è ridicolmente corta per sperare di capire tutte queste cose..
Bussa alla mia porta un altro tizio, alzo lo sguardo e vedo Bruce Chatwin. “Ok mi sono fumato il cervello definitivamente, troppe sollecitazioni” penso. Invece no, è Eric Smith, un giovane fisico appena diventato professore qui, che si vuole interessare d’economia. Ci mettiamo a parlare sul terrazzo con vista sull’infinito deserto del New Mexico, contornato dal profilo boscoso delle montagne Rocciose. Al solito comincio raccontando la mia vita, e quando stavo dicendo quanto mi mancava la ricerca mi interrompe e mi dice “ti capisco benissimo, anche io dopo il Ph.D. a Stanford non ho trovato lavoro in accademia e sono dovuto andare a costruire modelli geofisici per l’estrazione di petrolio. La sera però tornavo accasa affamato di qualche bel problema che potesse mantenermi vivo”. Contengo a fatica la pulsione omosessuale e non lo bacio.
Il tempo scorre veloce ormai sono qui da tre giorni. La mia idea sulla logo-diversità, sembra interessante a tutti. Un sacco di lavoro da fare, non vedo l’ora di cominciare.
Sono triste di lasciare questo posto. Sono felice che esista però. Mi sembra cosi strano che possa essere reale un posto che riunisca cosi perfettamente le mie tre grandi passioni: la ricerca, la vita cenobitica di un monastero e la montagna. Mi sembra incredibile che un posto del genere sia cosi accessibile: mandi un’e-mail, ti auto-inviti ed il gioco e fatto. Probabilmente i tre giorni nell’Istituto rimarranno un unicum nella mia vita, ma va già bene cosi. “Quaerendo invenietis”.
2 Comments:
ciao, mi presento, sono fabrizio, studente 20enne di economia e marketing presso l'ateneo di bologna...sono dolcemente inciampato nel tuo blog mentre ero alla curiosa ricerca di informazioni su Doyne Farmer...saresti così gentile da farmi da tutor?in pratica avreitanto bisogno di un punto di riferimento per scambiare idee ecc...ti lascio il mio indirizzo e-mail ed in caso di risposta affermativa ti prego di contattarmi direttamente qui "fabrina86@hotmail.it"..
ti ringrazio in anticipo per il tempo concessomi e colgo l'occasione per farti i miei più vivi auguri per i tuoi progetti
probabilmente è troppo tardi perchè tu legga questo commento.. sono passati 4 anni...
ma mi ha entusiasmato così tanto quello che hai scritto che non potevo non. Aveva la carica della botta di paura mista a modestia che viene dopo la botta di superomismo da "domanda di orientamento" ad un professore di livello apparentemente irraggiungibile o una domanda di partecipazione ad un convegno di stampo massonico sui massimi sistemi II.
eppure eri là a 28 anni...
Ma non hai scritto com è andata a finire...
forse quello del blog fu l ultimo giorno in cui hai avuto il tempo di scrivere ..su uno stupido blog???
intanto alle 4 di notte leggerlo mi ha galvanizzata.
anche io come te spero di avere un avventura da alice nel paese della complessità...
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