4.10.04

La resa dei conti, alcune cose che amo a D.C.

Il tempo è inesorabile, su questo credo, possiamo concordare tutti. Rimane però da capire se scorra velocemente o lentamente. Se guardo indietro ai miei tre mesi qui, da un lato mi sembra di essere arrivato l’altro giorno, dall’altro se ripenso a quante cose ho fatto, a quante persone ho incontrato e a quanti pensieri diversi sono passati nella mia testa, non riesco a capacitarmi di come non sia stato necessario perlomeno un decennio. Ormai il mio volo per l’Italia e la nuova vita a Roma sono realtà concrete e tangibili, l’ultima settimana è stata un frenetico rincorrersi di impegni di lavoro per chiudere le due brevi note che ho scritto per la Banca, organizzare per Santa Fe (the evil is in the details) e salutare le persone (‘dire addio’ sarebbe forse più appropriato, ma mi strazia un po’ troppo). E’ buffo, ma forse poi non è cosi infrequente almeno nel mio caso, dopo avere tenuto per quasi cento giorni un conto alla rovescia aggiornato, arrivare in fondo e dimenticare di registrare -7, -6….
Probabilmente la nostalgia, il dolore per l’impossibilità di tornare a casa, è proprio una strana bestia (io non lo sono da meno d’altronde). Casa a Roma è più vicina e il dolore viene conseguentemente lenito, la piccola casa che ho costruito qui a D.C. si fa più lontana ed il nostalgico che è in me non può che soffrirne. Ma solo un po’, tranquilli. Sono certo che non appena sarò tra tutti voi non potrò che essere felice. Suggerimento per le vostre letture: “Ignorance” di Milan Kundera, contiene due-tre pagine molto interessanti sull’etimologia della parola nostalgia nelle diverse lingue europee. I nostalgici saranno contenti, “styska se mi po tobe”.
Se non avete nulla in contrario sarei dell’idea di dedicare un po’ di righe alle cose belle di D.C.:

Biodiversità: un po’ come le foreste sono il paradiso del biologo, D.C. con le sue istituzioni internazionali è decisamente il non plus ultra per il curioso. La cosa più normale che ti possa capitare ad un party è di passare dal parlare con una danese che ha trascorso un anno e mezzo in Mongolia, fidanzato portoghese al seguito (che santo…), ad una californiana dal nome sanscrito che non ricorda nemmeno più quanti paesi ha visitato. Parli con un indiano della tua esperienza in India e quello ti invita in discoteca a Pune “non ti preoccupare, nei locali fighi ti faccio entrare io”. Venerdi scorso guidavo lungo la costa est da D.C. a New York (che traffico! I venerdi sono uguali in tutto il mondo a quanto sembra) per raggiungere mia madre e passare il fine settimana nella Grande Mela. In macchina con me Stefania, una sua collega cinese e Sweetie, il cagnetto di Stefi. Insomma due italiani, una cinese e un cane su una macchina verso New York. Eravamo perfetti per una barzelletta…
Ma non si tratta solo di una varietà di tipo spaziale, tipo album delle figurine dei calciatori. No, il giochino “c’è l’ho, mi manca” non m’interessa più dalla fine delle scuole elementari. La cosa eccezionale è che conosci gente incredibile, che ha fatto veramente di tutto: Ralf, il mio successore nella splendida casa al 1709 19sima strada, è forse l’esempio migliore: comincia con Ph.D in astrofisica ad Oxford, trovandola un po’ astratta decide di fare un master in Public Policy ad Harvard, per poi provare mamma McK. Essendo un uomo saggio dopo un anno decide che non è per lui e che vuole tornare alla ricerca. Ma in cosa? Questo era il suo problema. Si prende un anno sabbatico per andare in giro per il mondo e alla fine decide di studiare Neuroscienze con una borsa post dottorato della massima istituzione sanitaria statunitense….. Secondo me la prossima volta si darà all’origami, vi terrò informati comunque.

Il terrazzo con piscina di Federica e Giovanni: il teatro di tanti pomeriggi domenicali in piscina, il regno dei barbecue dell’Italian network (secondo i benevoli, io preferisco chiamarla Italian Mafia che suona più gaggio), come dimenticarlo. Dal tetto le guglie gotiche della National Cathedral (la sesta cattedrale più grande al mondo secondo la mia Rough Guide), sembrano persino affascinanti, il resto della città pieno di verde e quando il sole tramonta e te ne stai sorseggiando una birra su una sdraio ti domandi “ma a me chi me lo fa fare di andare via?”. Insomma un posto al quale sono affezionato. Proprio per questo motivo ho deciso di organizzare lì, lo scorso sabato pomeriggio il mio BBQ di arrivederci (di nuovo meglio non usare l’altra parola). Chiaramente, è ingiusto che Arthur Bloch, l’inventore della Legge di Murphy non abbia vinto alcun premio Nobel. Vi viene in mente qualcosa di più vero e universale forse? Signori giurati, tromboni togati, riparate ad un’ingiustizia ve ne prego. Insomma, per farvi capire, dopo una settimana di bel tempo, sabato mattina ci svegliamo con un magnifico cielo grigio, stile Torino a novembre (i reduci di Beinasco sanno di cosa sto parlando). Reggerà? Incrociamo le dita. Alle cinque mega-spesone da Whole Food. I classici: birre, hot-dog, hamburger, hummus, guacamole, etc. Salasso monetario, ma è l’ultimo giorno e ci tengo. Portiamo le cose al decimo piano. Tuono. Altro tuono. Lampo. Porca P….
“Tranquilli” dice Giovanni c’è una tenda che si apre per coprire il terrazzo. “Tranquilli mica tanto” fa il portiere, "non ho il modulo di autorizzazione per farvi aprire la tenda". Amici di Al-Queida se proprio dovete fare un’attentato a D.C. passate da me che vi do un indirizzo interessante….
Tiriamo fuori gli ombrelloni. Goccia, goccia e ancora goccia. L’aria si riempie di fulmini. Qualcuno comincia a terrorizzarsi. Il vento decide di urlare. Ci stringiamo sotto gli ombrelloni. Sono le 6.30. Fra mezz’ora dovrebbero arrivare tutti. Qui sembra che arrivi anche un uragano. Qualcuno si scoraggia e propone di andare in pizzeria, ma per fortuna quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Non so per quale motivo rimango di una calma imperturbabile (Min, la cinese era sconvolta, diceva che le ricordavo Bush nella scuola in Florida subito dopo il primo schianto), stappo una bottiglia di vino e dico “facciamo almeno un brindisi sotto l’uragano”. Che ci crediate o no almeno quindici pazzi brindavano a vino rosso sotto gli ombrelloni con un temporale fortissimo che li fradiciava. Che ci crediate o meno durante quei trenata minuti ho ricevuto almeno dieci chiamate di persone che volevano venire a tutti i costi “ma guarda piove da morire”, “Ma stai scherzando? Questo è il tuo party di saluto si fa ad ogni costo, io vengo lo stesso”. Che ci crediate o meno alle 7.10 la tempesta si è azzerata. Una serata magnifica.

Biliardo: devo alla grande Carla, l’economista con cui lavoravo alla Banca, un sacco di ore di divertimento. Quasi una volta alla settimana mi sono fatto massacrare dalla maga delle buche (io non giocavo dai tempi del liceo però…:-/). Siamo partiti nei locali un po’ alla moda. Poi dato che giocavamo ore ed ore e ci costava un patrimonio siamo progressivamente migrati verso posti più etnici e simpatici. Grandi domeniche pomeriggio guardando l’Inter sugli schermi (caliamo un velo) del locale, sentendo le canzoni del juke-box (vi ho detto che il posto era bello etnico, io credevo che i juke-box non esistessero proprio più) e perdendo sonoramente. Siamo andati a giocare pure il giorno del primo dibattito Bush-Kerry. Eravamo solo noi. Che città incredibile di secchioni della politica.

Tecnologia: è risaputo che in fatto di elettronica di largo consumo, gli Stati Uniti sono secondi solo al Giappone. Per intenderci qui nei negozi trovi il cane robot della Sony, le classiche poltrone che ti massaggiano, i micro-ventilatori da volo portatili (anzi me ne hanno pure regalato uno…), le sveglie che proiettano ologrammi e amenità simili. Quello che forse è meno noto e che questa terra di grandi contraddizioni anche in questo campo riserva delle sorprese che ti consentono di passare la giornata con un sorriso in più. Ad un happy-hour, un pomeriggio come tanti a D.C. stavo parlando con una ragazza turca. Ad un certo punto le squilla il cellulare e tira fuori dalla borsa un mostro tecnologico che a confronto l’Enterprise e il capitano Kirk fanno la figura dei cavernicoli. Non mi lascio sfuggire l’occasione di fare il simpatico (credevo io!) “Fa anche il caffè?” chiedo beffardo. “No, però ti consente di ordinarlo via Blue Tooth allo Starbucks più vicino”, risponde lei senza fare una piega. Uno a zero e palla al centro. Le sorprese arrivano anche dalle cose più quotidiane. Non so, pensate ad un semplice citofono. In Italia tu hai il citofono che è un modesto aggeggio in plastica e finisce lì, i più fighi hanno il video-citofono… qui no, sarebbe troppo semplice. Qui alcuni apartment building hanno un sistema che funziona via telefono e televisore. In sostanza quando qualcuno ti citofona, ti squilla il telefono e ti compare la sua immagine sul televisore. Mi chiedo io, ma sei stai facendo una chiamata importante? Se stai seguendo la partita in tv? E’ vero che per un interista è meglio non vedere però siamo nati per soffrire (e come correttamente ha titolato di recente Montesano “ci siamo riusciti benissimo”). Nota di demerito finale per una tecnologia base: i cartelli stradali. Qui da noi se vai da Roma a Milano e fin dal primo chilometro sei sommerso da cartelli che dicono “Milano”. Sembra semplice e razionale, ma non lo è. Nel regno del federalismo, ognuno si occupa di segnalare solo i paesini della sua contea. Cosi se parti per un posto senza esserti stampato le indicazioni (rigorosamente basate solo su numeri: “prendi la I95, gira sulla S72, torna su H24, acqua, colpito e affondato…) sei un uomo finito. Un po’ come se sull’autostrada del Sole trovaste solo indicazioni tipo “Fiano Romano a 1 KM”, “ Nazzano a 2 curve”. Amici americani datevi una regolata ;-).