Cronache di un catanese marca elefante
Atterrare a Catania mi ricorda istintivamente l'Africa. Lo Stretto sarà anche solo una lingua di mare, bella agitata fra l'altro,ma ha la sua efficacia: scordatevi il Continente, qui è un'altra cosa. Sarà l'aeroporto piccolo piccolo, sarà il sole sempre intenso, le palme a bordo pista, il vociare mediorientale della gente carica di pacchetti.... Non so cosa sia ma quando si arriva qui è un'altra cosa. Torno dopo dieci anni per la tre giorni più catanese che sa possa immaginare. Squilla subito il telefono, è mio fratello "Massimo, corri sta arrivando", salto sul taxi non c'è tempo da perdere.
"W. S. Agata, vergine, martire e miraculusa": "presto corriamo che sta passando", il tassista mi capisce al volo e decolla verso il porto. Se vi piacciono le cupole barocche con sfondo cielo turchino, vulcani innevati e mare mare all'infinito questo è uno dei posti che non dovete perdere. Io sono di parte, non c'è dubbio, ma provate voi a venire a vedere una cosa simile. Ci infiliamo fra i palazzi del settecento e poi tra vicoli e vicoletti per aggirare "i devoti" che bloccano le strade. Sono tutti con la tunica bianca, i guanti e fazzolletti bianchi ed il berretto nero di velluto in testa, giovani, anziani, bambini. A centinaia, a migliaia, come sempre. Ma attenzione cosa vedono i miei occhi un agatino coi cappelli lunghi? No, no è proprio una donna non mi sto sbagliando. "Ma come pure le donne?" esclamo. "Duttureddu, su ddu anni, macari i fimmini cu' saccu ci ssù.... Mancu S. Aghita iè chiuù a stissa... 'na scansari u Signuruzzu....". "U Signuruzzu 'na scansari" annuisco anche io. E' vero che la santa era donna, ma il sacco ricorda quando i catanesi scesero in camicia di notte per le strade implorando la Santa di salvarli dalla lava. Meno male che almeno con il buon tassista condivido lo stesso senso della tradizione. Ho scoperto in seguito che la tradizione della discesa per strada notturna è tutta una balla. Pare che il sacco abbia un'origine puramente penitenziale. A ben pensarci le donne hanno altrettanto bisogno di penitenza....
In meno di quindici minuti mi porta sotto casa della nonna "W S. Agata!" mi saluta. "W S. Agata!" rispondo io. Sono proprio tornato a casa. I balconi sono gremiti come sempre. Guardano tutti verso la salita dei cappuccini tentando di scorgere per primi il fiume bianco del cordone dei devoti che tira il carro. E' una corsa all'impazzata da 90 novanta secondi su una salita ripidissima. Poi d'improvviso appare il carro barocco con il busto della Santuzza. "Siamo tutti devoti tutti? Cettu, Cettu!! Cu saccu e senza saccu, facimucillu sentiri tutti ca ci vulimu beni....Cittadini! W S. Agata! Cittadini!!! W S. Agata!!!!!" il brusio incessante degli agatini passa sotto i nostri balconi. Per tre giorni vanno avanti cosi: il capo cordone appoggiandosi ad un compagno urla "cittadini" e tutti rispondono aggitando i fazzoletti bianchi. Pare che mangino tantissime acciughe prima della festa, perchè sostengono aiuti a conservare la voce. In realtà un po' svociati lo sono lo stesso ma non fa niente. La tragedia dell'anno scorso -un devoto morto travolto dal fercolo- ha lasciato il segno. Stamattina alla messa dell'Aurora (la celebrazione dell'alba con cui comincia la festa) ha preso la parola la vedova del devoto morto dicendo: "E' passato già un anno, un anno ad aspettare di rivedere S. Agata e un anno dalla tua scomparsa. Tu resterai sempre nei nostri cuori come lo è già la nostra Agata". Parlando poi del figlioletto di pochi anni ha dichiarato "Ho deciso che ci sarà un devoto in più fra i devoti di S. Agata. " e ha concluso "Grazie Agata per la luce che infondi nei nostri cuori. W S. Agata". Non vi nascondo che queste parole hanno toccato il cuore dei catanesi. Molta della gente che tira il cordone non ha proprio un passato penale immacolato eppure continuo a pensare (ed a sperare) che questa festa per loro non sia solo una cosa pagana. Chissà.... Per adesso io mi godo tutta la famiglia e gli amici riuniti come ogni anno (il sud ha ancora la capacità di riunire generazioni diverse, cosa che il resto d'Italia sta perdendo del tutto). Nonna ha imbandito ogni ben di Dio come al solito, arancini, pizzette, bombe, cipolline, cassate, cannoli, potrei scrivere "O Guarracino" della gastronomia siciliana. Non possono mancare le gocce di zucchero verdi note come "lacrime di S. Agata", che popolo i catanesi! Trasformare in una delizia gastronomica anche le lacrime della patrona...Se un giorno vorrete provare anche voi l'ebbrezza di questo fiume di persone in festa, di ceri, di venditori di calia e simenza, fuculari che vendono panini ca canni i cavaddu, fuochi artificiali, canti gregoriani di monache di clausura "stans beata Agata in medio cerceris, expansis manibus tota mente orabat ad dominum: domine Jesu Christe, magister bone, gratias ago tibi, qui me fecisti vincere tormentata carnificium, Jube me, Domine, ad tuam immarcescibilem gloriam feliciter pervenire", e conventi barocchi (divenuti di recente patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO) sapete chi chiamare, qui andiamo avanti da più di 1750 anni...
"I tre cancelli": probabilmente molti di voi hanno letto del rapporto con i defunti degli antichi Greci... non so cose tipo gente che mangia sulle tombe, etc. Ebbene qui siamo in Magna Grecia in tutto e per tutto. Nei discorsi dei catanesi ricorre l'espressione "ci vediamo ai tre cancelli", vale a dire l'ingresso del cimitero cittadino, il luogo di confine fra vivi e morti. Nell'isola dei giardini, la zona di transizione fra vita e morte è più ampia. Non esiste festa o evento della vita di un catanese (nascite, fidanzamenti, matrimoni, malattie) che tipicamente non si viva anche al di là dei tre cancelli. Ma non dovete immaginare un cimitero come quelli del resto del mondo. Si ci sono i marmi, i fiori e le vedove in nero ma le analogie si fermano qui. Innanzitutto la vista sul mare. Poi il tran-tran di macchine, motorini, biciclette, autobus. Anche io speravo di entrare in macchina ma il vigile urbano alla porta ha visto subito lo sguardo da forestiero "c'è l'ha il permesso?". Io il permesso non l'avevo, ma dall'altro cancello usciva qualcosa di simile all'uscita dello stadio Olimpico. "Ma cosa bisogna avere per farsi dare il permesso?" "Lei c'è l'ha un invalido in famiglia?". Ho provato a spiegare che in famiglia avevo un arcivescovo patriarca di Costantinopoli ed un beato ma senza invalidi nulla da fare. Mentre arrancavo sulla collina ho avuto modo di scoprire che in reatà il vigile urbano mi aveva fatto un favore. "Quannu voi a tu spusa veni e ti vasa" , una delle cose più belle e tristi che mi sia mai capitato di leggere sul marmo. Ma perchè non leggo più l'Antologia Palatina?. "A nuautri ni manca a matri amurusa ca vinni e sbacantau 'na casa", mi fanno sapere i figli di una mamma energica, come le mamme del sud sanno essere. Quando arrivo da mio padre con i miei fiori, le mie preghiere ed il mio dialogo silenzioso sembro proprio uno straniero. Attorno a me e tutto un vociare, uno strofinare marmi, portare acqua e vasi, chiamare bambini. Ancora una volta mi compiaccio di quello che mi circonda, a mio padre piace di sicuro questa atmosfera. Prima di andare via non posso esimermi dalla tradizionale passeggiata sul viale degli Uomini Illustri: Giovanni Verga con la sua tomba bianca e nera, Angelo Musco e gli indipendentisti siciliani con la loro pietra lavica nera "semu siciliani, femmati e parramu". E parramu, parramu chi la capisca la fretta di quelli che corrono là fuori?
E' tutto. Scendo in strada a festeggiare. Un abbraccio a tutti e ovviamente W S. Agata!
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