Dei brunch ed altre quisquiglie
Post dedicato alla mia istituzione culinaria preferita tanto qui negli Stati Uniti che in Italia, sperando che segni ancora tanti sabati e domeniche felici: il brunch (dei barbecue non dirò anche perché negli ultimi due giorni ho partecipato a tre BBQ – esiste un’abbreviazione per qualsiasi cosa in questo paese).
Cominciamo con il grande classico di DC, fra l’altro si vede dalle finestre di casa mia: Kramerbooks, la libreria più cool della città (praticamente l’unica con libri veramente notevoli segnalo una storia dei cadaveri famosi). Potete consumare il vostro brunch ai tavolini su Du Pont Circle, dopo aver trascinato la vagonata di volumi a vostro piacere che vi interessano dagli scaffali. Fra un caffè e le uova strapazzate, potrete capire perché Monica Lewinsky ha comprato proprio qui il famoso regalo per Billuzzo suo. A dire il vero i proprietari della libreria diventarono famosi quando furono chiamati a testimoniare dall’implacabile procuratore Starr. Si rifiutarono di andare a deporre e fecero mettere per quasi un anno una maglietta di protesta ai dipendenti….
Piazzamento per Annie, il posto gay sulla diciassette. Molto buona la bistecca (e si qui si mangia un po’ pesante). Certo dovete un po’ fare l’abitudine alle attenzioni dei camerieri, alle coppie di cinquantenni omosessuali che ti cinguettano attorno, ed alle feste di compleanno con trenta omaccioni con coroncine di piume in testa. A parte questo genere di cose è tutto tranquillo…
Notevoli i posti su Broadway a New York dove mi hanno portato i miei amici Stefano e Stefania. Particolarmente buono per i dolci quello sotto St. John the Divine. Certo trovare posto non è proprio facile. Perlomeno da Gusto sai che se arrivi prima dell’una anticipi la calca di giovani McKinsey & similaria e riesci a mangiare in tempo ragionevole. A domanda precisa “quando bisogna venire per non trovare coda?” il gestore di uno dei posti replicava serafico “verso le 8.30”…… Decisamente non fa al caso mio.
Dulcis in fundo il mio preferito: the Diners, più che un posto per mangiare, praticamente una filosofia di vita. In effetti su tutti i menu sono eternati i valori fondanti del posto (altro che la mission della Ditta): “Crediamo che tutti gli uomini siano stati creati con uguale appetito ed in virtù di tale volizione iniziale del Creatore siano dotati di tre diritti inalienabili”. Ora immaginate un posto da scrittore minimalista americano, una cosa da Hopper del duemila, molto iper-realista: 18 street all’incrocio con Adams Morgan. Il cuore della caciara. Quartiere latino americano. Gente che va e viene lungo la strada a tutte le ore del giorno e della notte. Gente di tutti i tipi: fighetti, neri in tenuta da basketball, fricchettoni, ragazzine scosciatissime, orientali, rasta, indiani, insomma metteteci un po’ di fantasia! Dentro il locale, bancone infinito (non potevamo proprio farcelo mancare), distesa di tavoli, divanetti di pelle (?!? non so come chiamarla) rossa. Atmosfera fumosa che fa molto noir anni quaranta e vera rarità in un paese impegnato nella lotta contro il fumo quasi quanto in quella terrorismo.
Allora dove ero rimasto con i principi, partiamo dal primo:
1) “Ognuno ha il diritto di mangiare le sue uova e fare colazione a qualsiasi ora del giorno e della notte”: Facile, basta rimanere aperti 24h al giorno sette giorni su sette tutte le settimane dell’anno e qualcuno che viene a mangiare si trova. Certo ancora non ho capito come funziona con la pulizia ma meglio non stare a sottilizzare.
2) “Ognuno ha il diritto di venire a mangiare vestito come gli pare”. Mai dire una cosa del genere agli americani. I tizi in pigiama non sono per niente rari. Certo, non è proprio il posto adottato ad un date ma d’altronde nessuno è perfetto. In effetti, a ben pensarci, non vi ho scritto molto di questa strana usanza locale sulla quale sto cercando di raccogliere un po’ di materiale etnografico. Permettetemi una piccola digressione:
Questo è un paese proceduralizzato, non fatevi trarre in inganno dall’informalità dei modi o degli abiti. Qui pressoché tutto segue uno stretto codice di comportamento. I rapporti fra i due sessi potrebbe difficilmente essere da meno quindi. Anzi direi che in questo campo la mentalità burocratica trova il suo massimo compimento. Provo a sintetizzarvi quanto raccolto a spizzichi e bocconi via tradizione orale (a quando un canone completo e ufficiale?).
Regola uno: Ogni volta che un uomo invita una donna ad un incontro serale in assenza di altri partecipanti è un date. Il date implica che lo scopo finale della cosa è capire se ci si piace o meno a fini sentimental-sessuali. Non è chiaro come si faccia ad invitare una senza far intendere intenzioni bellicose (proporrei un cartello “questo non è un date”).
Regola due: Al primo date si parla solo e ci si conosce, al secondo date ci si scambia un bacio riaccompagnando la lei di turno a casa, al terzo,…. Vabbè lo lascio alla vostra immaginazione. Se non siete tipi che amano andare per le lunghe vi consiglio il Cafè Citron su Connetictut Avenue dove l’approccio medio conoscendo una è: “I would come over you….”
Regola tre: l’uomo paga sempre tutti i conti. Pare che il dating sia stato inventato per questo motivo. Se la donna decide di pagare la sua parte è un buon segno per le vostre finanze, ma un segnale un po’ meno buono per la vostra nascente vita di relazione. Il giorno dopo il date la ragazza lascia un messaggio di ringraziamento per la serata. Ricevuto il ringraziamento l’uomo è autorizzato ad invitarla all’incontro successivo.
Dicevamo allora, “America terra delle libertà”,… ok fine della digressione e torniamo ai brunch con il terzo diritto di “The Diners”
3) “Ognuno ha il diritto di mangiare fuori a DC senza svaligiare un banca”. Ed, in effetti, da loro con dieci dollari esci satollo al punto che solo una super pennica può consentirti di recuperare un minimo di lucidità mentale.
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